Santa Messa cantata presso la chiesa di San Simon Piccolo (fronte stazione ferroviaria).
Celebrante don Konrad Zu Loewenstein FSSP.
(photo by @moreth_watercolor)
VANGELO
In illo témpore: Erat Iesus eiíciens dæmónium, et illud erat mutum. Et cum eiecísset dæmónium, locútus est mutus, et admirátæ sunt turbæ. Quidam autem ex eis dixérunt: In Beélzebub, príncipe dæmoniórum, éiicit dæmónia. Et alii tentántes, signum de cœlo quærébant ab eo. Ipse autem ut vidit cogitatiónes eórum, dixit eis: Omne regnum in seípsum divísum desolábitur, et domus supra domum cadet. Si autem et sátanas in seípsum divísus est, quómodo stabit regnum eius? quia dícitis, in Beélzebub me eiícere dæmónia. Si autem ego in Beélzebub eiício dæmónia: fílii vestri in quo eiíciunt? Ideo ipsi iúdices vestri erunt. Porro si in dígito Dei eiício dæmónia: profécto pervénit in vos regnum Dei. Cum fortis armátus custódit átrium suum, in pace sunt ea, quæ póssidet. Si autem fórtior eo supervéniens vícerit eum, univérsa arma eius áuferet, in quibus confidébat, et spólia eius distríbuet. Qui non est mecum, contra me est: et qui non cólligit mecum, dispérgit. Cum immúndus spíritus exíerit de hómine, ámbulat per loca inaquósa, quærens réquiem: et non invéniens, dicit: Revértar in domum meam, unde exivi. Et cum vénerit, invénit eam scopis mundátam, et ornátam. Tunc vadit, et assúmit septem alios spíritus secum nequióres se, et ingréssi hábitant ibi. Et fiunt novíssima hóminis illíus peióra prióribus. Factum est autem, cum hæc díceret: extóllens vocem quædam múlier de turba, dixit illi: Beátus venter, qui te portávit, et úbera, quæ suxísti. At ille dixit: Quinímmo beáti, qui áudiunt verbum Dei, et custódiunt illud.
(Vangelo secondo Luca 11, 14 - 28)
Traduzione:
In quel tempo: Gesù stava liberando un indemoniato che era muto. E non appena cacciò il demonio, il muto parlò e le turbe ne rimàsero meravigliate. Ma alcuni díssero: Egli caccia i démoni in virtù di Belzebù, il príncipe dei démoni. Altri poi, per tentarlo, gli chiedévano un segno dal cielo. Ma egli, avendo scorto i loro pensieri, disse loro: Qualunque regno diviso in partiti contràrii va in perdizione, e una casa rovina sull’altra. Se anche sátana è in discordia con sé stesso, come sussisterà il suo regno? Giacché dite che io scaccio i démoni in virtú di Belzebù. Se io scaccio i demoni in virtú di Belzebù, in virtú di chi li scacciano i vostri figli? Per questo saranno essi i vostri giúdici. Se io col dito di Dio scaccio i démoni, certo è venuto a voi il regno di Dio. Quando il forte armato custodisce il suo àtrio, è al sicuro tutto quello che egli possiede. Ma se un altro più forte di lui lo sovrasta e lo vince, porta via tutte le armi in cui egli poneva la sua fiducia e ne spartisce le spoglie. Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde. Quando lo spírito immondo è uscito da un uomo, cammina per luoghi deserti, cercando réquie, e, non trovandola, dice: Ritornerò nella mia casa, donde sono uscito. E, venendo, la trova spazzata e adorna. Allora va, e prende con sé altri sette spíriti peggiori di lui, ed éntrano ad abitarvi, e la fine di quell’uomo è peggiore del principio. Ora avvenne che, mentre diceva queste cose, una donna alzò la voce di tra le turbe e gli disse: Beato il ventre che ti ha portato e il seno che hai succhiato. Ma egli disse: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la ossérvano.
Omelia:
San Paolo ci ammonisce oggi di non
parlare della fornicazione, di impurità o di avarizia, né di ciò
che è vergognoso, sciocco o scurrile, ma piuttosto di ringraziare.
Dice lui: siamo i figli dilettissimi di Dio e dunque dobbiamo
camminare nel Diletto; siamo i figli della luce della quale i frutti
sono la bontà, la giustizia e la verità.
Bisogna esaminarci, carissimi fedeli, sulle nostre parole: i giornali e la televisione ci presentano, quasi unicamente, una visione di una realtà tenebrosa, impura e vergognosa che non è materia degna delle parole, né delle meditazioni di noi cattolici redenti nel Sangue preziosissimo del Signore. Piuttosto bisogna ringraziare.
Chiediamoci, dunque oggi, che cosa è il ringraziamento, o la gratitudine?
La gratitudine è la virtù che inclina l'uomo a riconoscere ed a retribuire i benefici che ha ricevuto da un altro. E' una virtù necessaria e bellissima tra l'altro, perché promuove la carità e l'umiltà.
Promuove la carità in quanto unisce i cuori di coloro che danno a coloro che ricevono e promuove l'umiltà in quanto colui che rende grazie, si sottomette al suo benefattore.
Per questi motivi è una virtù che i genitori devono istillare con la massima cura nei cuori dei loro figli.
L'oggetto principale, allora, della nostra gratitudine deve essere Dio stesso. Come tale fa parte della virtù della religione che è la virtù di rendere il culto debito a Dio e si manifesta nella Preghiera.
La nostra Preghiera non deve essere solo petizione ma anche ringraziamento. Non siamo come coloro che chiedono qualche artefatto in un negozio con grande gentilezza, e quando lo ottengono non dicono più niente. Non siamo come i lebbrosi guariti dal Signore di cui solo uno è tornato per ringraziarLo, ma piuttosto proviamo a far corrispondere la gratitudine alla petizione, in un equilibrio armonioso e perfetto col cuore amorevole ed umile.
Nel sublime nostro Prefazio della Santa Messa sta il dialogo tra Sacerdote e fedeli che, secondo Dom Prosper Guéranger, è antico quanto la Chiesa e tutto ci fa credere che siano stati gli stessi Apostoli a fissarlo, poiché si incontra nelle Chiese più antiche e in tutte le Liturgie. In questo dialogo il Sacerdote dice:
- "Rendiamo grazie al Signore - Gratias agamus Domino Deo nostro", i fedeli rispondono:
- "Dignum et iustum est - è giusto e necessario", il Sacerdote continua nella persona della Chiesa docente:
- " Vere dignum et iustum est, aequum et salutare, nos tibi semper ut ubique gratias agere: Domine, sancte Pater, omnipotens aeterne Deus: per Christum Dominum nostrum" (E' veramente giusto e necessario, è nostro dovere e nostra salvezza, renderti grazie sempre e ovunque, o Signore, Padre santo, Dio eterno e onnipotente, mediante il Cristo nostro Signore).
In questo dialogo osserviamo la frase "semper ut ubique", sempre e ovunque, bisogna ringraziare il Signore dunque, per tutto, per il bene ma anche per il male, perché il male è per il nostro ultimo bene, così come ringraziamo un medico per un trattamento anche se ci fa male, temporaneamente.
Se l'oggetto principale della nostra gratitudine e ringraziamento è Dio stesso, la sua forma più alta è la Santa Messa perché, nella Santa Messa, riconosciamo i benefici di Dio a noi e li retribuiamo in modo adeguato.
Riconosciamo i suoi benefici che sono soprattutto il Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo + per amore di noi sul monte Calvario, e li retribuiamo lì, con l'offerta di questo stesso Sacrificio a Lui, durante i Sacri Misteri. Questa retribuzione è adeguata in quanto offre Nostro Signore Gesù Cristo + in riscambio per nostro Signore Gesù Cristo + in quanto offre Dio in riscambio per Dio, come prega il Sacerdote nella Santa Messa: "Cosa renderò io al Signore per tutte le cose che ha dato a me? Prenderò il Calice della salvezza e invocherò il nome del Signore".
Sempre nelle parole di Dom Guéranger leggiamo: il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Cristo è per noi il mezzo privilegiato per ringraziare la Divina Maestà, poiché solo attraverso di Esso possiamo rendere a Dio tutto ciò che Gli dobbiamo. Il fatto che questo ringraziamento passa attraverso il Signore, viene espresso alla fine del Prefazio con le parole "per Christum Dominum nostrum".
La Santa Messa, per questi motivi, è un grande atto di ringraziamento a Dio, anzi, l'atto di ringraziamento in assoluto, perciò la Santa Messa si chiama anche Eucharistia che significa, appunto, ringraziamento.
Il ringraziamento a Dio, però non è completo senza l'offerta di sé stessi a Dio Padre in unione all'offerta di Dio Figlio. Se nostro Signore si è dato completamente a noi, bisogna che noi ci diamo completamente a Lui.
Così nel Santo Sacrificio della Messa, nella Eucharistia ci uniamo a nostro Signore Gesù Cristo + nell'offertorio, quando il celebrante offre in anticipo il Divino Agnello al Padre, ci uniamo a Lui nella Consacrazione quando quel Divino Agnello viene immolato; e ci diamo a Lui in quella Preghiera che si chiama il ringraziamento dopo la Santa Messa; ci diamo a Lui come Lui si dona a noi, ossia in modo completo ed intero.
Bisogna ringraziare, dice San Paolo, e questo soprattutto nella Santa Messa ma anche in tutta la nostra vita in un atteggiamento di riconoscenza per tutti i benefici di Dio e nel desiderio di retribuirli, ma soprattutto con l'offerta a Dio costante di tutto ciò che facciamo, diciamo e pensiamo, di tutto ciò che siamo alla gloria della Santissima Trinità. Amen.
Bisogna esaminarci, carissimi fedeli, sulle nostre parole: i giornali e la televisione ci presentano, quasi unicamente, una visione di una realtà tenebrosa, impura e vergognosa che non è materia degna delle parole, né delle meditazioni di noi cattolici redenti nel Sangue preziosissimo del Signore. Piuttosto bisogna ringraziare.
Chiediamoci, dunque oggi, che cosa è il ringraziamento, o la gratitudine?
La gratitudine è la virtù che inclina l'uomo a riconoscere ed a retribuire i benefici che ha ricevuto da un altro. E' una virtù necessaria e bellissima tra l'altro, perché promuove la carità e l'umiltà.
Promuove la carità in quanto unisce i cuori di coloro che danno a coloro che ricevono e promuove l'umiltà in quanto colui che rende grazie, si sottomette al suo benefattore.
Per questi motivi è una virtù che i genitori devono istillare con la massima cura nei cuori dei loro figli.
L'oggetto principale, allora, della nostra gratitudine deve essere Dio stesso. Come tale fa parte della virtù della religione che è la virtù di rendere il culto debito a Dio e si manifesta nella Preghiera.
La nostra Preghiera non deve essere solo petizione ma anche ringraziamento. Non siamo come coloro che chiedono qualche artefatto in un negozio con grande gentilezza, e quando lo ottengono non dicono più niente. Non siamo come i lebbrosi guariti dal Signore di cui solo uno è tornato per ringraziarLo, ma piuttosto proviamo a far corrispondere la gratitudine alla petizione, in un equilibrio armonioso e perfetto col cuore amorevole ed umile.
Nel sublime nostro Prefazio della Santa Messa sta il dialogo tra Sacerdote e fedeli che, secondo Dom Prosper Guéranger, è antico quanto la Chiesa e tutto ci fa credere che siano stati gli stessi Apostoli a fissarlo, poiché si incontra nelle Chiese più antiche e in tutte le Liturgie. In questo dialogo il Sacerdote dice:
- "Rendiamo grazie al Signore - Gratias agamus Domino Deo nostro", i fedeli rispondono:
- "Dignum et iustum est - è giusto e necessario", il Sacerdote continua nella persona della Chiesa docente:
- " Vere dignum et iustum est, aequum et salutare, nos tibi semper ut ubique gratias agere: Domine, sancte Pater, omnipotens aeterne Deus: per Christum Dominum nostrum" (E' veramente giusto e necessario, è nostro dovere e nostra salvezza, renderti grazie sempre e ovunque, o Signore, Padre santo, Dio eterno e onnipotente, mediante il Cristo nostro Signore).
In questo dialogo osserviamo la frase "semper ut ubique", sempre e ovunque, bisogna ringraziare il Signore dunque, per tutto, per il bene ma anche per il male, perché il male è per il nostro ultimo bene, così come ringraziamo un medico per un trattamento anche se ci fa male, temporaneamente.
Se l'oggetto principale della nostra gratitudine e ringraziamento è Dio stesso, la sua forma più alta è la Santa Messa perché, nella Santa Messa, riconosciamo i benefici di Dio a noi e li retribuiamo in modo adeguato.
Riconosciamo i suoi benefici che sono soprattutto il Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo + per amore di noi sul monte Calvario, e li retribuiamo lì, con l'offerta di questo stesso Sacrificio a Lui, durante i Sacri Misteri. Questa retribuzione è adeguata in quanto offre Nostro Signore Gesù Cristo + in riscambio per nostro Signore Gesù Cristo + in quanto offre Dio in riscambio per Dio, come prega il Sacerdote nella Santa Messa: "Cosa renderò io al Signore per tutte le cose che ha dato a me? Prenderò il Calice della salvezza e invocherò il nome del Signore".
Sempre nelle parole di Dom Guéranger leggiamo: il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Cristo è per noi il mezzo privilegiato per ringraziare la Divina Maestà, poiché solo attraverso di Esso possiamo rendere a Dio tutto ciò che Gli dobbiamo. Il fatto che questo ringraziamento passa attraverso il Signore, viene espresso alla fine del Prefazio con le parole "per Christum Dominum nostrum".
La Santa Messa, per questi motivi, è un grande atto di ringraziamento a Dio, anzi, l'atto di ringraziamento in assoluto, perciò la Santa Messa si chiama anche Eucharistia che significa, appunto, ringraziamento.
Il ringraziamento a Dio, però non è completo senza l'offerta di sé stessi a Dio Padre in unione all'offerta di Dio Figlio. Se nostro Signore si è dato completamente a noi, bisogna che noi ci diamo completamente a Lui.
Così nel Santo Sacrificio della Messa, nella Eucharistia ci uniamo a nostro Signore Gesù Cristo + nell'offertorio, quando il celebrante offre in anticipo il Divino Agnello al Padre, ci uniamo a Lui nella Consacrazione quando quel Divino Agnello viene immolato; e ci diamo a Lui in quella Preghiera che si chiama il ringraziamento dopo la Santa Messa; ci diamo a Lui come Lui si dona a noi, ossia in modo completo ed intero.
Bisogna ringraziare, dice San Paolo, e questo soprattutto nella Santa Messa ma anche in tutta la nostra vita in un atteggiamento di riconoscenza per tutti i benefici di Dio e nel desiderio di retribuirli, ma soprattutto con l'offerta a Dio costante di tutto ciò che facciamo, diciamo e pensiamo, di tutto ciò che siamo alla gloria della Santissima Trinità. Amen.
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