giovedì 30 aprile 2015

30 aprile: Santa Caterina da Siena


(photo by Alessandro Franzoni)




Da un'omelia di don Roberto Spataro SDB

Il XIV secolo fu un’epoca tormentata nella storia della Chiesa. Un po’ tutto era in decadenza: la teologia, la vita consacrata, l’istruzione religiosa della gente, la vita morale. L’Europa era insanguinata da guerre a non finire, calamità naturali ed epidemie decimavano la popolazione, e l’Islam avanzava pronto a conquistare i paesi di antica tradizione cristiana. Il Papato si era ridotto ad un ruolo subalterno rispetto ai potenti del tempo, al punto che il Pontefice non risiedeva neppure a Roma, ma ad Avignone, sottoposto all’influenza del re di Francia.
Nei momenti di maggiore difficoltà, però, il Signore benedice la sua Chiesa, suscitando dei santi che la scuotano e ne provochino la conversione ed il rinnovamento, come Caterina Benincasa, vissuta, come il Signore sulla terra, per la durata di trentatré anni. Era nata nel 1347. Quando aveva 16 anni entrò nel Terz’Ordine Domenicano di cui vestì l’abito bianco e il mantello nero. E con quest’abito la vediamo inginocchiata, insieme a san Domenico, dinanzi alla Madonna del Rosario, nelle popolarissime immagini che tutti conosciamo. Rimanendo in famiglia, Caterina confermò il voto di verginità fatto privatamente quando era ancora un’adolescente, si dedicò alla preghiera, alla penitenza, alle opere di carità, soprattutto con gli ammalati più ripugnanti. Quando la fama della sua santità si diffuse, fu protagonista di un’intensa attività di direzione spirituale nei confronti di ogni categoria di persone: monasteri maschili e femminili, nobili ed uomini politici, ecclesiastici, persino il Papa che leggeva con devozione le sue lettere. Viaggiò molto per predicare la riforma interiore della Chiesa e per favorire la pace tra gli Stati. Morì nel 1380, Fu canonizzata nel 1461, il Papa Pio XII la volle “Patrona d’Italia” e Giovanni Paolo II “Compatrona d’Europa”.
Il Papa Paolo VI la dichiarò persino Dottore della Chiesa, insieme a Teresa d’Avila, nel 1970. Infatti, l’insegnamento di Caterina, che pure apprese a leggere con fatica e a scrivere imparò quando era già molto grande, è di una straordinaria ricchezza. Il suo Dialogo della Divina Provvidenza è un capolavoro della letteratura spirituale di tutti i tempi.
Un tratto fondamentale della sua spiritualità è rappresentato dal suo sposalizio mistico con Gesù, un episodio spesso raffigurato nell’iconografia che la riguarda. In una visione che mai più si cancellò dal suo cuore e dalla sua mente, la Madonna la presentò al Figlio che si unì a lei misticamente, inanellandola. Quell’anello rimase visibile solo a lei. Da quel momento, Caterina associò sempre il Figlio e la Madre. Quando scriveva le sue lettere recapitate ai suoi figli e alle sue figlie spirituali, uomini e donne che la chiamavano “mamma”, anche se erano più anziani di lei, si presentava con queste parole: “Nel nome di Gesù Crocifisso e di Maria dolce”.
Caterina era dotata di carismi soprannaturali, spesso cadeva in estasi e a volte veniva comunicata al Corpo e Sangue di Cristo direttamente dal Signore. Come tutti i mistici, adopera un linguaggio figurato per illustrare i misteri della fede, soprattutto quello dell’Incarnazione del Verbo. E così, in occasione della festa dell’Annunciazione, per parlare di “Maria dolce”, ha adoperato delle immagini tanto piacevoli quanto efficaci. Paragona la Madonna ad un libro in cui le Persone trinitarie hanno scritto l’opera più bella della storia della salvezza: la venuta del Figlio di Dio tra gli uomini. “Tu oggi, o Maria, sei fatta libro nel quale è scritta la regola nostra”. In altre parole, leggendo il “libro di Maria”, ossia contemplando i suoi privilegi e le sue virtù, ogni cristiano può avanzare nella sua vita spirituale a passi da gigante!
Un altro simbolo squisito adoperato da Caterina è quello del pane e della farina: “Oggi tu ci hai dato della farina tua. Oggi la Divinità è unita e impastata con l’umanità nostra sì fortemente che mai non si può separare, né per morte né per nostra ingratitudine, questa unione”. Nella sinagoga di Cafarnao, Gesù ha parlato di Sé come del Pane di vita. I mistici sviluppano meravigliosamente ed armoniosamente le parole del Vangelo, scoprendo tante applicazioni ed implicazioni. Caterina, per esempio, ci dice che questo Pane divino è stato impastato con la “farina” più pura: Maria che ha dato un corpo a Gesù perché Egli potesse salvarci.
A questi accenni geniali, Caterina aggiunge altre considerazioni dottrinalmente rilevanti. Mette in evidenza che il consenso della volontà di Maria all’opera dell’Incarnazione è stato necessario perché essa si compisse. “Bussava, o Maria, alla porta tua la divinità eterna; ma se tu non avessi aperto l’uscio della volontà tua, non si sarebbe Dio incarnato in te”. Da questa osservazione, Caterina ne ricava una conseguenza fondamentale: ogni anima ha a disposizione un dono straordinariamente importante, la propria libertà. E solo liberamente si può corrispondere all’azione della grazia, come già aveva insegnato Agostino: “Colui che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te”.
Collaborare liberamente e lietamente alle iniziative di Dio è possibile ed in un certo senso facile, nonostante miserie e debolezze di ogni anima: è sufficiente coltivare una grande devozione verso “Maria dolce”, nel Suo nome e nel Suo cuore.

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