giovedì 4 novembre 2021

4 novembre: san Carlo Borromeo


Tanzio da Varallo, San Carlo Borromeo comunica gli appestati, 1610, presso la chiesa dei SS Gervasio e Protasio a Domodossola (VB).

(foto dal web)




VANGELO

In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis parábolam hanc: Homo peregre proficíscens vocávit servos suos, et trádidit illis bona sua. Et uni dedit quinque talénta, álii autem duo, álii vero unum, unicuíque secúndum própriam virtútem, et proféctus est statim. Abiit autem, qui quinque talénta accéperat, et operátus est in eis, et lucrátus est ália quinque. Simíliter et, qui duo accéperat, lucrátus est ália duo. Qui autem unum accéperat, ábiens fodit in terram, et abscóndit pecúniam dómini sui. Post multum vero témporis venit dóminus servórum illórum, et pósuit ratiónem cum eis. Et accédens qui quinque talénta accéperat, óbtulit alia quinque talénta, dicens:Dómine, quinque talénta tradidísti mihi, ecce, alia quinque superlucrátus sum. Ait illi dóminus eius: Euge, serve bone et fidélis, quia super pauca fuísti fidélis, super multa te constituam: intra in gáudium dómini tui. Accéssit autem et qui duo talénta accéperat, et ait: Dómine, duo talénta tradidísti mihi, ecce, ália duo lucrátus sum. Ait illi dóminus eius: Euge, serve bone et fidélis, quia super pauca fuísti fidélis, super multa te constítuam: intra in gáudium dómini tui. 

(Vangelo secondo Matteo 25, 14 - 23)

Traduzione:

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Un uomo, in procinto di partire, chiamati i servi consegnò loro i suoi beni: a chi diede cinque talenti, a chi due, a chi uno: a ciascuno secondo la sua capacità, e subito partì. Tosto colui, che aveva ricevuto cinque talenti, andò a negoziarli e ne guadagnò altri cinque. Similmente quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Ma colui che ne aveva ricevuto uno andò a fare una buca nella terra e vi nascose il danaro del suo padrone. Or molto tempo dopo ritornò il padrone di quei servi, e li chiamò a render conto. E venuto quello che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque dicendo: “Signore, me ne desti cinque, ecco ne ho guadagnati altri cinque. E il padrone a lui: “Bene, servo buono e fedele, perché sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; entra nella gioia del tuo Signore. E presentatosi l'altro che aveva ricevuto due talenti, disse: “Signore, me ne hai affidati due; eccone guadagnati altri due". E il padrone a lui: “Bene, servo buono e fedele, perché sei stato fedele, nel poco, ti darò potere su molto: entra nella gioia del tuo Signore"».




In breve

Carlo, nacque a Milano dalla nobile famiglia Borromeo, e una luce divina che illuminò la notte della sua nascita, la camera della madre, fece presagire di quale grande santità sarebbe egli stato. Arruolatosi fin da fanciullo alla milizia clericale, e provvisto poi di una abbazia, avvertì il padre di non impiegarne la rendita per la sua famiglia; e allorquando ne divenne lui l'amministratore, tutto quello che gli avanzava, lo distribuiva ai poveri. Giovanetto studiò le arti liberali a Pavia. Fu sì geloso della castità, che respinse con invitta costanza donne impudiche inviategli più volte per fargli perdere la purezza, A ventitré anni aggregato da suo zio Pio IV al sacro collegio dei cardinali, vi si distinse per insigne pietà e splendore di ogni virtù. Poco dopo dallo stesso creato arcivescovo di Milano, s'applicò con ogni sollecitudine a governare la chiesa affidatagli, secondo le riforme del concilio di Trento, ch'era stato terminato proprio allora, grazie soprattutto alle sue cure; e, per riformare i costumi sregolati del suo popolo, oltre la frequente celebrazione di sinodi, mostrò in se stesso un modello d'eminente santità. Lavorò moltissimo ad estirpare l'eresia dal paese dei Resi e degli Svizzeri, convertendone moltissimi alla fede cristiana.
La carità di quest'uomo risplendé particolarmente allorché, venduto il suo principato d'Orlo, ne donò, in un sol giorno, ai poveri l'intero prezzo di quaranta mila scudi d'oro. Né con minore carità ne distribuì altri ventimila, che gli erano stati legati. Rinunziò alle larghe rendite ecclesiastiche, ond'era stato ricolmo dallo zio, non ritenendosi se non quanto gli era necessario per i propri usi e per soccorrere i poveri. Per nutrire i quali, durante la peste che infierì a Milano, alienò tutto il mobilio di sua casa, senza riservarsi neppure il letto, dormendo di poi su una nuda tavola; visitava spesso gli appestati, li sollevava con affetto di padre e, amministrando loro i sacramenti della Chiesa colle proprie mani, li consolava in modo meraviglioso. Intanto facendosi mediatore presso Dio con umilissime preghiere, a stornare la sua collera, ordinò una processione pubblica, prendendovi parte con una fune al collo, nudi i piedi e insanguinati per gli inciampi, portando una croce, e offrendo se stesso come vittima per i peccati del popolo. Fu energico difensore della libertà della Chiesa. Ma appunto perché sollecito nel ristabilire la disciplina, dei sediziosi gli spararono contro, mentre pregava, una schioppettata, rimanendone illeso per mera protezione divina.
Fu di un'astinenza ammirabile; digiunava spessissimo in pane ed acqua, e talvolta si contentava di soli lupini. Veglie notturne, asprissimo cilicio, frequenti discipline domavano il suo corpo. Fu amantissimo dell'umiltà e della dolcezza. Benché occupato in gravissimi negozi, non tralasciò mai l'orazione e la predicazione della parola di Dio. Edificò molte chiese, monasteri e collegi. Scrisse più opere, assai utili soprattutto per l'istruzione dei vescovi; ed è pure per sua opera che uscì il catechismo dei parroci. Infine, si ritira nella solitudine del monte Varano, dove si trovane scolpite delle tavole rappresentanti al vivo i misteri della passione del Signore; e là, vivendo alcuni giorni una vita rude per volontaria mortificazione, ma dolce per la meditazione delle sofferenze di Cristo, fu colpito da febbre. Ritornato a Milano, e aggravandosi il male, coperto di cenere e di cilizio, e fissi gli occhi all'immagine del Crocifisso, se ne andò in cielo a quarantasette anni d'età, il 3 Novembre dell'anno del Signore 1584, Glorioso per miracoli, il sommo Pontefice Paolo V l'iscrisse nel novero dei Santi.

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