domenica 27 giugno 2021

Quinta domenica dopo Pentecoste a Padova


Santa Messa in canto e musica alle ore 11:00 presso la chiesa di San Canziano in centro a Padova, nelle vicinanze di piazza delle Erbe.
Celebrante mons S.Zorzi.
E' intervenuta la Schola Cantorum "Santa Cecilia" della Rettoria con alcuni strumentisti del Conservatorio di Venezia.

(photo and video by Alessandro Franzoni)






Introduzione musicale (M.Uccellini, Aria sopra La Bergamasca):



Introito (Exaudi Domine):



Graduale - Alleluja:



VANGELO

In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Nisi abundáverit iustítia vestra plus quam scribárum et pharisæórum, non intrábitis in regnum cœlórum. Audístis, quia dictum est antíquis: Non occídes: qui autem occíderit, reus erit iudício. Ego autem dico vobis: quia omnis, qui iráscitur fratri suo, reus erit iudício. Qui autem díxerit fratri suo, raca: reus erit concílio. Qui autem díxerit, fátue: reus erit gehénnæ ignis. Si ergo offers munus tuum ad altáre, et ibi recordátus fúeris, quia frater tuus habet áliquid advérsum te: relínque ibi munus tuum ante altáre et vade prius reconciliári fratri tuo: et tunc véniens ófferes munus tuum.

(Vangelo di Matteo 5, 20 - 24)

Traduzione:

In quel tempo: Gesú disse ai suoi discepoli: Se la vostra giustizia non sarà stata più grande di quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei Cieli. Avete sentito che è stato detto agli antichi: Non uccidere; chi infatti avrà ucciso sarà condannato in giudizio. Ma io vi dico che chiunque si adira col fratello sarà condannato in giudizio. Chi avrà detto a suo fratello: raca, imbecille, sarà condannato nel Sinedrio. E chi gli avrà detto: pazzo; sarà condannato al fuoco della geenna. Se dunque porti la tua offerta all’altare e allora ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta all’altare e va prima a riconciliarti con tuo fratello, e poi, ritornato, fa la tua offerta.


Omelia:



All'Offertorio (A.Corelli, Pastorale):



Communio (Unam petit):



Exitus (M.Cazzati, Ciaccona):



domenica 20 giugno 2021

Quarta domenica dopo Pentecoste a Padova


Santa Messa cantata alle ore 11:00 presso la chiesa di San Canziano in centro a Padova, nelle vicinanze di piazza delle Erbe.
Celebrante mons S.Zorzi.
E' intervenuta la Schola Cantorum "Santa Cecilia" della Rettoria.

(photo and video by Alessandro Franzoni)






Introito (Dominus illuminatio mea):



Alleluja:



VANGELO

In illo témpore: Cum turbæ irrúerent in Iesum, ut audírent verbum Dei, et ipse stabat secus stagnum Genésareth. Et vidit duas naves stantes secus stagnum: piscatóres autem descénderant et lavábant rétia. Ascéndens autem in unam navim, quæ erat Simónis, rogávit eum a terra redúcere pusíllum. Et sedens docébat de navícula turbas. Ut cessávit autem loqui, dixit ad Simónem: Duc in altum, et laxáte rétia vestra in captúram. Et respóndens Simon, dixit illi: Præcéptor, per totam noctem laborántes, nihil cépimus: in verbo autem tuo laxábo rete. Et cum hoc fecíssent, conclusérunt píscium multitúdinem copiósam: rumpebátur autem rete eórum. Et annuérunt sóciis, qui erant in ália navi, ut venírent et adiuvárent eos. Et venérunt, et implevérunt ambas navículas, ita ut pæne mergeréntur. Quod cum vidéret Simon Petrus, prócidit ad génua Iesu, dicens: Exi a me, quia homo peccátor sum, Dómine. Stupor enim circumdéderat eum et omnes, qui cum illo erant, in captúra píscium, quam céperant: simíliter autem Iacóbum et Ioánnem, fílios Zebedǽi, qui erant sócii Simónis. Et ait ad Simónem Iesus: Noli timére: ex hoc iam hómines eris cápiens. Et subdúctis ad terram návibus, relictis ómnibus, secuti sunt eum.

(Vangelo secondo Luca 5, 1 - 11)

Traduzione:

In quel tempo: Affollàtesi le turbe attorno a Gesú per udire la parola di Dio, Egli si teneva sulla riva del lago di Genézareth. E vide due barche tirate a riva, poiché i pescatori erano discesi e lavavano le reti. Salendo in una barca, che era di Simone, lo pregò di allontanarlo un poco dalla spiaggia; e sedendo insegnava alle turbe dalla navicella. Quando finí di parlare, disse a Simone: Va al largo, e getta le reti per la pesca. E rispondendogli, Simone disse: Maestro, per tutta la notte abbiamo lavorato senza prendere niente, tuttavia, sulla tua parola, getterò la rete. E fattolo, presero una cosí grande quantità di pesci che le reti si rompevano. E allora fecero segno ai compagni che erano nell’altra barca affinché venissero ad aiutarli. E vennero, e riempirono le due barche al punto che stavano per affondare. Visto questo, Simone Pietro si gettò ai piedi di Gesú, dicendo: Allontanati da me, o Signore, poiché sono un peccatore. Lo spavento infatti si era impadronito di lui e di quelli che erano con lui a causa della pesca: ed erano sbigottiti anche Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano compagni di Simone. E Gesú disse a Simone: Non temere: d’ora in poi sarai pescatore di uomini. E avendo tirato a secco le barche, lasciata ogni cosa, lo seguirono.


Omelia:



Offertorio (Illumina oculos meos):



Communio (Dominus firmamentum meum):



Durante la Comunione (Hai dato un cibo):

venerdì 18 giugno 2021

18 giugno: santa Martina di Bitinia


(foto dal web)




In breve

Santa Marina di Bitinia (V o VIII secolo), di origine orientale (egiziana, trace, siriana, siciliana o libanese, ma molto probabilmente della Bitinia), era così affezionata al padre che, quando questi, rimasto vedovo, entrò in un monastero, si travestì da uomo e lo seguì così, cambiando il suo originale nome Marina in Marino e facendosi passare per eunuco.
Visse numerosi anni nella perfetta osservanza dei voti monastici, anche dopo la morte del genitore, ma un giorno venne falsamente accusata di essere il padre del figlio di una ragazza che era stata sedotta da un soldato; non si discolpò dalla falsa accusa e venne cacciata dal monastero e, alla nascita del bambino, lo prese comunque come figlio suo, continuando inoltre a piangere e pentirsi per una colpa non sua.
Riammessa in monastero, alla sua morte, al momento della vestizione con i panni funebri, si scoprì il suo vero sesso e l'ingiustizia dell'accusa e, quindi, la sua reale santità e umiltà; il suo corpo venne in seguito Traslato a Venezia.

domenica 13 giugno 2021

Sant'Antonio di Padova a Padova

 

Santa Messa cantata alle ore 11:00 presso la chiesa di San Canziano in centro a Padova (nelle vicinanze di piazza delle Erbe.
Celebrante mons S.Zorzi.
E' intervenuta la Schola Cantorum "Santa Cecilia" della Rettoria.

(photo and video by Alessandro Franzoni)


https://www.instagram.com/p/CQEstsYrJnh/




VANGELO

In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Vos estis sal terræ. Quod si sal evanúerit, in quo saliétur? Ad níhilum valet ultra, nisi ut mittátur foras, et conculcétur ab homínibus. Vos estis lux mundi. Non potest cívitas abscóndi supra montem pósita. Neque accéndunt lucérnam, et ponunt eam sub módio, sed super candelábrum, ut lúceat ómnibus qui in domo sunt. Sic lúceat lux vestra coram homínibus, ut vídeant ópera vestra bona, et gloríficent Patrem vestrum, qui in cœlis est. Nolíte putáre, quóniam veni sólvere legem aut prophétas: non veni sólvere, sed adimplére. Amen, quippe dico vobis, donec tránseat cœlum et terra, iota unum aut unus apex non præteríbit a lege, donec ómnia fiant. Qui ergo solvent unum de mandátis istis mínimis, et docúerit sic hómines, mínimus vocábitur in regno cœlórum: qui autem fécerit et docúerit, hic magnus vocábitur in regno cœlórum.

(Vangelo secondo Matteo 5, 13 - 19)

Traduzione:

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra. E se il sale perde la sua virtù, come lo si riattiverà? Non è più buono che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo. Non può rimanere nascosta una città posta sopra un monte. Né si accende la lucerna per riporla sotto il moggio, ma sul candeliere, perché faccia lume a quanti sono in casa. Così risplenda la vostra luce dinanzi agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli. Non crediate che io sia venuto ad abrogare la Legge o i Profeti, ma a completare. In verità vi dico che finché non passi il cielo e la terra non passerà un solo iota o un apice solo della Legge, che tutto non sia compiuto. Chi pertanto violerà uno dei minimi di questi comandamenti e insegnerà così agli uomini, sarà tenuto minimo nel regno dei cieli; ma colui che avrà operato ed insegnato, sarà tenuto grande nel regno dei cieli».


Omelia:



Offertorio (Improvvisazione sul tema di Si quaeris miracula):







mercoledì 9 giugno 2021

9 giugno: SS Primo e Feliciano


(foto dal web)




In breve

Primo e Feliciano erano due fratelli, anziani patrizi romani che avevano consacrato la loro vita a opere di carità, specialmente a favore dei cristiani imprigionati a causa della loro fede. Riuscirono a sottrarsi alla persecuzione per molti anni, ma attorno al 297, sotto gli imperatori Diocleziano e Massimiano, furono arrestati e poiché si rifiutarono di sacrificare agli dei pagani furono imprigionati e frustati. Condotti al quindicesimo miglio della via Nomentana, furono giudicati da un magistrato di nome Promoto, torturati e condannati alla decapitazione.
Il magistrato giudicante tentò di vincere la resistenza di Feliciano dicendogli che suo fratello aveva abiurato, ma egli si rifiutò di credere alla cosa dicendo: «Ho ottant'anni e ne ho trascorsi trenta nel servire il Cristo, sono pronto a morire per lui». Allora Primo fu fatto uscire di prigione e gli fu detto che Feliciano aveva obbedito agli imperatori e sacrificato agli dei, ma egli rispose coraggiosamente: «Invano tentate d'ingannarmi. So che mio fratello non ha rinnegato il suo Signore e Dio per adorare idoli vani».
Durante il pontificato di Teodoro (642-649) le loro reliquie furono traslate a S. Stefano Rotondo al Celo, e un mosaico, ancora esistente, fu posto dietro il luogo dove erano venerate e li raffigura sotto un'immagine di Cristo.

martedì 8 giugno 2021

Caravaggio, cuore mariano della Lombardia


(photo by Paolo La Rosa)


Quando Giulio Cesare tornò dalla vittoriosa campagna di Gallia per fare ritorno a Roma, fece sosta nella Gera d’Adda. Qui sostò qualche tempo per rimettere in salute i suoi soldati infermi, la cui guarigione venne favorita dalla salubrità dell’aria. Il territorio nel quale i Romani presero dimora divenne una colonia, che prese il nome di Caravaggio, per via dei carri che trasportavano uomini e vettovaglie. Questo luogo, nel corso della sua storia, avrebbe visto fermarsi sulle sue strade un numero infinito di carri di ogni genere, più precisamente a partire dal 26 maggio 1432.

In questo giorno una contadina del luogo, Giannetta de Vacchi, si era recata poco prima del tramonto in contrada Mazzolengo, poco più di un miglio a sud del centro abitato, per fare erba per le sue bestie. Ne aveva raccolta tanta, e mentre si accingeva a ritornare a casa, una bellissima Signora le apparve ai suoi occhi. La pia Giannetta la riconobbe immediatamente, e la Vergine la invitò ad inginocchiarsi e a pregare con Lei. Giannetta protestò che doveva andare: era tardi e doveva nutrire i suoi animali ed inoltre non voleva incorrere nelle ire del marito, Francesco Varoli, uomo violento e dedito all’alcool.

La Madre di Dio le pose una mano sulla spalla e Giannetta cadde in ginocchio. In quel momento, laddove la Vergine aveva posato i piedi, scaturì una fonte d’acqua che ha dato il nome al santuario, Santa Maria della Fonte di Caravaggio.

La Vergine parlò così a Giannetta: Ascolta o figlia, e diligentemente attendi a quello che or sono per dirti, e a quanti potrai, tu stessa farai note le parole mie, e i miei sentimenti, o le farai con il mezzo d’ altri manifeste. La puzza de’ peccati del Mondo salita alle narici del mio unigenito Figliuolo Gesù Cristo l’avevano per modo riempito di giustissimo sdegno, che già con il fulmine alla mano era per distruggere l’umana generazione. Per sette continui anni ho io frapposte le mie intercessioni, e preghiere, in virtù delle quali si è finalmente placato, Tu dunque Giovannetta farai a tutti manifesto, che per un tanto beneficio conseguito a mia intercessione digiuni ognuno il giorno di Venerdì in pane ed acqua , e ciò ad onore del mio dilettissimo Figliuolo; e tutti parimente in mia memoria, e culto festeggino il Sabato dopo il Vespro richiedendo io questo in atto di gratitudine, e ricompensa per la singolarissima grazia col mio mezzo ottenuta.

Giovannetta, così veniva chiamata in paese, si schernì sentendosi inadeguata ad annunciare un tale messaggio, col rischio di non essere creduta da nessuno o peggio, di essere considerata pazza e derisa da tutti. No – le rispose Maria – levati, e non temere, vanne al Castello, narra, racconta, spiega quello, che vedesti, ed udisti, che confermerò io stessa con segni, e miracoli le tue parole; non oserà alcuno contraddirti. E questo luogo , in cui ora mi vedi, diverrà così celebre , e famoso , che risplendendo per innumerabili Miracoli chiamerà alla sua venerazione non solo il volgo, e bassa plebe, ma uomini grandi, nobili, e Principi illustri, diffondendo i raggi delle sue meraviglie, non tanto per l’ Italia, ma per forastieri Provincie, e remote regioni, a segno che con preziosi doni, tutti a gara arricchendolo, si renderà cospicuo a tutta la Cristianità.

E così fu. La fonte miracolosa risanò ogni genere di malati che in quei giorni vi si accostarono. La fama dell’apparizione e del sacro fonte si sparsero velocemente, suscitando curiosità e interesse da parte di tutti. Filippo Maria Visconti, ultimo Duca di quella casata a Milano, volle sentire il racconto di quanto accaduto dalla viva voce di Giovannetta. Dopo qualche rimostranza la veggente acconsentì, sembra su sollecitazione della stessa Vergine Maria, e a palazzo tutti si stupirono della sua umile eloquenza usata nel riferire l’accaduto. Cominciarono ad affluire così le prime donazioni per arricchire la primitiva cappella sorta sul luogo dell’apparizione. La fama di Caravaggio accrebbe rapidamente tanto da arrivare a Costantinopoli, alle orecchie dell’Imperatore d’Oriente Giovanni III Paleologo, devotissimo della Madre di Dio. Questi chiese al Duca di inviarle Giannetta, la quale giunse nella cattedrale di S. Sofia recando dei vasi contenenti l’acqua della fonte di Caravaggio. Furono anche qui numerosi i miracoli di guarigione che l’acqua miracolosa propiziò, così come numerosi furono i doni che Giannetta ricevette dall’Imperatore, i quali contribuirono in modo significativo all’edificazione della chiesa di Caravaggio. Il Santuario venne edificato nella seconda metà del XV secolo, sulle macerie dell’antica primigenia cappella che venne costruita. Fu Pellegrino Tibaldi a disegnarne il progetto, per la cui realizzazione occorsero tre secoli circa. Gli spazi sono enormi: la struttura è lunga 93 metri, è larga 33, mentre la cupola raggiunge l’altezza di 63 metri. La piazza sulla quale si affaccia la basilica è coronata da portici attraversati da 200 arcate simmetriche. Al centro del piazzale vi è una fontana lunga 50 metri, le cui acque raccolgono quelle del sacro Fonte, posto sotto la basilica, per confluire in una piscina posta nel piazzale sud del Santuario. Numerose sono le opere d’arte che lo impreziosiscono, a cominciare dal Sacro Speco, rappresentazione lignea posta sotto l’altare, nella quale viene rappresentata la scena dell’apparizione.

Il numero ingente di miracoli propiziati e la semplicità del messaggio dell’apparizione hanno contribuito da subito a far sì che il santuario lombardo diventasse il cuore mariano della regione e meta di pellegrinaggi da ogni angolo di essa, e non solo. La Gera d’Adda è zona ricca d’acqua, grazie alla quale le sue terre sono da sempre fertilissime. Per accrescere la fertilità delle terre nella zona orientale di Milano, lungo la Cassanese, la strada che congiungeva Milano a Brixia, l’anno successivo all’apparizione a Filippo Maria Visconti venne presentato il progetto del Canale della Martesana, o Naviglio Piccolo, che avrebbe portato le acque dell’Adda da Trezzo fino a Vaprio, per riversarsi quindi nella Molgora. Realizzato nei decenni successivi dagli Sforza, la Martesana avrebbe toccato Milano, per sfociare nella Darsena. Lungo questo canale e lungo le strade ad esso adiacenti, i pellegrini a maggio partivano da Milano e si recavano a Caravaggio. La vita e la morte, la luce e le tenebre, si sono alternate lungo queste acque e queste strade. Alla salubrità dell’aria e alla fecondità dei campi facevano da contraltare i lazzaretti, disseminati lungo il territorio, appena fuori le città, dove venivano raccolti gli appestati. Accanto ad essi abbondavano le foppe o opponi, antesignani dei camposanti, dove veniva data sepoltura a tutti coloro che soccombevano al morbo. Il flagello colpiva all’improvviso, lasciando in breve tempo vuote e desolate case e villaggi. La causa profonda di questo male ha scatenato la fantasia popolare: chi ne attribuiva l’origine alle eclissi e alle comete, e chi come don Ferrante, ne I Promessi Sposi, la attribuiva alla fatal congiunzione di Giove con Saturno.

La risposta a questo enigma la fornisce san Carlo Borromeo, nel 1576, quando affronta con grande coraggio il morbo, vestito con abiti penitenziali, ricoverando i malati ed impartendo loro i sacramenti. Secondo il santo vescovo la peste era un castigo di Dio per scuotere il suo popolo dall’indifferenza religiosa nella quale versava. Per porre fine al flagello san Carlo si adoperò favorendo processioni e preghiere pubbliche. Fece stampare libretti da distribuire a coloro che non erano in grado di uscire dalle loro abitazioni, in modo che tutti potesse pregare e chiedere perdono per i propri peccati. A lui si deve la diffusione delle colonne votive, molto simili ai cruceiros che si trovano lungo i pellegrinaggi maggiori della Cristianità. Poste nelle piazze, nei lunghi periodi di quarantena, le colonne fungevano da altari, per permettere a tutti di assistere alle S. Messa che si celebrava all’aperto, affacciati dalle loro finestre. Fu la processione che si svolse per le vie della città, con in testa il Crocefisso venerato in Duomo e il Sacro Chiodo della Croce, a porre fine a quella peste, ricordata col nome di san Carlo. Di croci di via, innalzate in quell’epoca, ne troviamo ancora oggi a Cernusco, a Gorgonzola, a Inzago, dove san Carlo stesso scelse il luogo ove costruire il lazzaretto, disegnandone anche la forma, e a Cassano d’Adda. Acqua e peste, grazia e peccato. Sembrano essere questi gli elementi essenziali di questo pellegrinaggio devozionale in particolare, ma anche di tutti gli altri. La peste quale segno tangibile del peccato, la cui puzza era salita alle narici di Gesù, come disse la Vergine a Giovannetta. E l’acqua del sacro fonte, che rigenera e risana, come quella battesimale che cancella le tracce del peccato originale, lasciandone solo le conseguenze.

L’acqua la ritroviamo insieme al pane, nel digiuno richiesto il venerdì, a ricordo della Passione di Nostro Signore, per parteciparne sia pure in infima misura. Tale digiuno verrà richiesto in molte apparizioni avvenute successivamente in altri luoghi, da ultimo a Medjugorie. E poi la Vergine a Giannetta anticipa la devozione a Lei dedicata nel giorno di sabato, in attesa del giorno del Signore, che verrà codificata a Fatima, con la pratica dei cinque Sabati.

Caravaggio continua a richiamare ancora oggi migliaia di uomini, donne e famiglie, dalla Lombardia, ma anche da tutta Italia. E’ la semplicità della storia di Giovannetta, insieme alla tenerezza materna di Maria, ad aver richiamato a questo santuario un numero infinito di visitatori che qui vi hanno ritrovato un’atmosfera di celeste familiarità, a ricordarci che il Cristianesimo non è una filosofia nè una morale, ma un rapporto intimo con Gesù, reciso il quale, le fonti della nostra anima rinsecchiscono. Maria le fa sgorgare nuovamente e ci riconduce sempre a Lui: ad Jesum per Mariam, e non si stanca mai di ricordarcelo. In luoghi sacri come questo la puzza del peccato e la peste sembrano definitivamente scomparsi, mondati dalla Grazia che vi si respira e che viene incessantemente elargita.


(di Maurizio Minchella, priore della Confraternita di San Jacopo di Compostela, Capitolo Lombardo)

giovedì 3 giugno 2021

Corpus Domini a Venezia


Santa Messa alle ore 11:00 presso la chiesa di San Simon Piccolo a Venezia (fronte stazione ferroviaria).
Celebrante don Joseph Kramer FSSP.

(photo by Alessandro Franzoni)






VANGELO

In illo témpore: Dixit Iesus turbis Iudæórum: Caro mea vere est cibus et sanguis meus vere est potus. Qui mandúcat meam carnem et bibit meum sánguinem, in me manet et ego in illo. Sicut misit me vivens Pater, et ego vivo propter Patrem: et qui mandúcat me, et ipse vivet propter me. Hic est panis, qui de cœlo descéndit. Non sicut manducavérunt patres vestri manna, et mórtui sunt. Qui mandúcat hunc panem, vivet in ætérnum.

(Vangelo secondo Giovanni 6, 56 - 59)

Traduzione:

In quel tempo: Gesú disse alle turbe dei Giudei: La mia carne è veramente cibo, e il mio sangue è veramente bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, vive in me e io in lui. Come è vivo il Padre che mi ha mandato, e io vivo del Padre, cosí chi mangia la mia carne vive di me. Questo è il pane che discende dal cielo. Non come i vostri padri che mangiarono la manna e sono morti. Chi mangia questo pane vivrà in eterno.