domenica 30 marzo 2025

Quarta domenica di Quaresima "in Laetare" a Ferrara


Santa Messa cantata alle ore 18:00, seguita dal canto dei Secondi Vespri e dalla Benedizione Eucaristica.
Presso la chiesa di Santa Chiara in Corso Giovecca 179, Ferrara.
Celebrante don Davide Benini. 
All’organo il m. FR.

(photo by Alessandro Franzoni)




VANGELO

In illo témpore: Abiit Iesus trans mare Galilǽæ, quod est Tiberíadis: et sequebátur eum multitúdo magna, quia vidébant signa, quæ faciébat super his, qui infirmabántur. Súbiit ergo in montem Iesus: et ibi sedébat cum discípulis suis. Erat autem próximum Pascha, dies festus Iudæórum. Cum sublevásset ergo óculos Iesus et vidísset, quia multitúdo máxima venit ad eum, dixit ad Philíppum: Unde emémus panes, ut mandúcent hi? Hoc autem dicebat tentans eum: ipse enim sciébat, quid esset factúrus. Respóndit ei Philíppus: Ducentórum denariórum panes non suffíciunt eis, ut unusquísque módicum quid accípiat. Dicit ei unus ex discípulis eius, Andréas, frater Simónis Petri: Est puer unus hic, qui habet quinque panes hordeáceos et duos pisces: sed hæc quid sunt inter tantos? Dixit ergo Iesus: Fácite hómines discúmbere. Erat autem fænum multum in loco. Discubuérunt ergo viri, número quasi quinque mília. Accépit ergo Iesus panes, et cum grátias egísset, distríbuit discumbéntibus: simíliter et ex píscibus, quantum volébant. Ut autem impléti sunt, dixit discípulis suis: Collígite quæ superavérunt fragménta, ne péreant. Collegérunt ergo, et implevérunt duódecim cóphinos fragmentórum ex quinque pánibus hordeáceis, quæ superfuérunt his, qui manducáverant. Illi ergo hómines cum vidíssent, quod Iesus fécerat signum, dicébant: Quia hic est vere Prophéta, qui ventúrus est in mundum. Iesus ergo cum cognovísset, quia ventúri essent, ut ráperent eum et fácerent eum regem, fugit íterum in montem ipse solus.

Vangelo di Giovanni 6, 1 - 15

Traduzione:

In quel tempo: Gesú se ne andò di là del mare di Galilea, cioè di Tiberiade, e lo seguiva una gran folla, perché vedeva i miràcoli da lui fatti a favore dei malati. Gesú salí quindi sopra un monte: ove si pose a sedere con i suoi discépoli. Ed era vicina la Pasqua, festa dei Giudei. Alzando gli occhi, Gesú vide che una gran folla veniva da lui, e disse a Filippo: Dove compreremo pane per cibare questa gente? E lo diceva per métterlo alla prova, perché egli sapeva cosa stava per fare. Filippo gli rispose: Duecento danari di pane non bàstano per costoro, anche a darne un píccolo pezzo a ciascuno. Gli disse uno dei suoi discépoli, Andrea fratello di Simone Pietro: C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci: ma che è questo per tanta gente? Ma Gesú disse: Fate che costoro si méttano a sedere. Vi era molta erba sul posto. E quegli uòmini si mísero a sedere, ed erano quasi cinquemila. Gesú prese dunque i pani, rese grazie, e li distribuí a coloro che sedevano: e cosí fece per i pesci, finché ne vòllero. Saziati che fúrono, disse ai suoi discépoli: Raccogliete gli avanzi, onde non vàdano a male. Li raccòlsero ed empírono dòdici canestri di frammenti dei cinque pani di orzo, che érano avanzati a coloro che avévano mangiato. E questi, quindi, veduto il miràcolo fatto da Gesú, díssero: Questi è veramente quel profeta che doveva venire al mondo. Ma Gesú, sapendo che sarébbero venuti a prénderlo per forza, per farlo re, fuggí di nuovo da solo sul monte.




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venerdì 28 marzo 2025

28 marzo: Miracolo del Prezioso Sangue a Ferrara


Ricorrenza del Miracolo del Prezioso Sangue a Ferrara.
Basilica di Santa Maria in Vado a Ferrara.

(photo by Alessandro Franzoni)




Il 28 marzo 1171, giorno di Pasqua, a Ferrara avvenne un miracolo importantissimo.
All’interno della chiesa di Santa Maria in Vado (diverrà Basilica poi nel XV secolo), era in corso una funzione religiosa eucaristica e mentre il priore Pietro da Verona, assistito da padre Bono, padre Leonardo e padre Aimone spezzò l’ostia consacrata, da essa zampillò un fiotto di sangue che andò a macchiare il sovrastante catino absidale.
Appena appresa la notizia, accorsero il vescono di Ferrara Amato e il suo omologo ravennate, Gherardo che presero ad interrogare i testimoni, concordando che quello, era il reale sangue di Cristo.
Il fatto fu narrato anche da Giraldo Cambrense nel 1197 all’interno del suo scritto, la Gemma Ecclesiastica.
Papa Eugenio IV ricordò l’avvenimento in una sua bolla del 30 marzo 1442 e papa Benedetto XVI citò l’avvenimento nel ‘De servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione’.
Entrando nella basilica rinascimentale, il Preziosissimo Sangue potrà essere osservato, nel transetto di destra, nella cosiddetta ‘Cappella del Prodigio’, eretta alla fine del XVI secolo.




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giovedì 27 marzo 2025

27 marzo: san Giovanni Damasceno



Colletta

Omnípotens sempitérne Deus, qui, ad cultum sacrarum imáginum asseréndum, beátum Ioánnem coelésti doctrina et admirábili spíritus fortitúdine imbuísti: concéde nobis eius intercessióne et exémplo; ut, quorum cólimus imagines, virtútes imitémur et patrocínia sentiámus. Per Dominum etc..

(Dalla Messa propria)


Traduzione:

O Dio onnipotente ed eterno, che per affermare il culto delle sacre immagini colmasti il beato Giovanni di celeste dottrina e di mirabile forza di spirito; concedici, in grazia della sua intercessione e a suo esempio, di imitare le virtù e di sperimentare il patrocinio dei santi, di cui veneriamo le immagini.


Dall'Udienza generale di Papa Benedetto XVI, 6 maggio 2009:

Cari fratelli e sorelle,
vorrei parlare oggi di Giovanni Damasceno, un personaggio di prima grandezza nella storia della teologia bizantina, un grande dottore nella storia della Chiesa universale. Egli è soprattutto un testimone oculare del trapasso dalla cultura cristiana greca e siriaca, condivisa dalla parte orientale dell’Impero bizantino, alla cultura dell’Islàm, che si fa spazio con le sue conquiste militari nel territorio riconosciuto abitualmente come Medio o Vicino Oriente. Giovanni, nato in una ricca famiglia cristiana, giovane ancora assunse la carica – rivestita forse già dal padre - di responsabile economico del califfato. Ben presto, però, insoddisfatto della vita di corte, maturò la scelta monastica, entrando nel monastero di san Saba, vicino a Gerusalemme. Si era intorno all’anno 700. Non allontanandosi mai dal monastero, si dedicò con tutte le sue forze all’ascesi e all’attività letteraria, non disdegnando una certa attività pastorale, di cui danno testimonianza soprattutto le sue numerose Omelie. La sua memoria liturgica è celebrata il 4 Dicembre. Papa Leone XIII lo proclamò Dottore della Chiesa universale nel 1890.
Di lui si ricordano in Oriente soprattutto i tre Discorsi contro coloro che calunniano le sante immagini, che furono condannati, dopo la sua morte, dal Concilio iconoclasta di Hieria (754). Questi discorsi, però, furono anche il motivo fondamentale della sua riabilitazione e canonizzazione da parte dei Padri ortodossi convocati nel II Concilio di Nicea (787), settimo ecumenico. In questi testi è possibile rintracciare i primi importanti tentativi teologici di legittimazione della venerazione delle immagini sacre, collegando queste al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio nel seno della Vergine Maria.
Giovanni Damasceno fu inoltre tra i primi a distinguere, nel culto pubblico e privato dei cristiani, fra adorazione (latreia) e venerazione (proskynesis): la prima si può rivolgere soltanto a Dio, sommamente spirituale, la seconda invece può utilizzare un’immagine per rivolgersi a colui che viene rappresentato nell’immagine stessa. Ovviamente, il Santo non può in nessun caso essere identificato con la materia di cui l’icona è composta. Questa distinzione si rivelò subito molto importante per rispondere in modo cristiano a coloro che pretendevano come universale e perenne l’osservanza del divieto severo dell’Antico Testamento sull’utilizzazione cultuale delle immagini. Questa era la grande discussione anche nel mondo islamico, che accetta questa tradizione ebraica della esclusione totale di immagini nel culto. Invece i cristiani, in questo contesto, hanno discusso del problema e trovato la giustificazione per la venerazione delle immagini. Scrive il Damasceno: “In altri tempi Dio non era mai stato rappresentato in immagine, essendo incorporeo e senza volto. Ma poiché ora Dio è stato visto nella carne ed è vissuto tra gli uomini, io rappresento ciò che è visibile in Dio. Io non venero la materia, ma il creatore della materia, che si è fatto materia per me e si è degnato abitare nella materia e operare la mia salvezza attraverso la materia. Io non cesserò perciò di venerare la materia attraverso la quale mi è giunta la salvezza. Ma non la venero assolutamente come Dio! Come potrebbe essere Dio ciò che ha ricevuto l’esistenza a partire dal non essere?…Ma io venero e rispetto anche tutto il resto della materia che mi ha procurato la salvezza, in quanto piena di energie e di grazie sante. Non è forse materia il legno della croce tre volte beata?... E l’inchiostro e il libro santissimo dei Vangeli non sono materia? L’altare salvifico che ci dispensa il pane di vita non è materia?... E, prima di ogni altra cosa, non sono materia la carne e il sangue del mio Signore? O devi sopprimere il carattere sacro di tutto questo, o devi concedere alla tradizione della Chiesa la venerazione delle immagini di Dio e quella degli amici di Dio che sono santificati dal nome che portano, e che per questa ragione sono abitati dalla grazia dello Spirito Santo. Non offendere dunque la materia: essa non è spregevole, perché niente di ciò che Dio ha fatto è spregevole” (Contra imaginum calumniatores, I, 16, ed. Kotter, pp. 89-90). Vediamo che, a causa dell’incarnazione, la materia appare come divinizzata, è vista come abitazione di Dio. Si tratta di una nuova visione del mondo e delle realtà materiali. Dio si è fatto carne e la carne è diventata realmente abitazione di Dio, la cui gloria rifulge nel volto umano di Cristo. Pertanto, le sollecitazioni del Dottore orientale sono ancora oggi di estrema attualità, considerata la grandissima dignità che la materia ha ricevuto nell’Incarnazione, potendo divenire, nella fede, segno e sacramento efficace dell’incontro dell’uomo con Dio. Giovanni Damasceno resta, quindi, un testimone privilegiato del culto delle icone, che giungerà ad essere uno degli aspetti più distintivi della teologia e della spiritualità orientale fino ad oggi. E’ tuttavia una forma di culto che appartiene semplicemente alla fede cristiana, alla fede in quel Dio che si è fatto carne e si è reso visibile. L’insegnamento di san Giovanni Damasceno si inserisce così nella tradizione della Chiesa universale, la cui dottrina sacramentale prevede che elementi materiali presi dalla natura possano diventare tramite di grazia in virtù dell’invocazione (epiclesis) dello Spirito Santo, accompagnata dalla confessione della vera fede.
In collegamento con queste idee di fondo Giovanni Damasceno pone anche la venerazione delle reliquie dei santi, sulla base della convinzione che i santi cristiani, essendo stati resi partecipi della resurrezione di Cristo, non possono essere considerati semplicemente dei ‘morti’. Enumerando, per esempio, coloro le cui reliquie o immagini sono degne di venerazione, Giovanni precisa nel suo terzo discorso in difesa delle immagini: “Anzitutto (veneriamo) coloro fra i quali Dio si è riposato, egli solo santo che si riposa fra i santi (cfr Is 57,15), come la santa Madre di Dio e tutti i santi. Questi sono coloro che, per quanto è possibile, si sono resi simili a Dio con la loro volontà e per l’inabitazione e l’aiuto di Dio, sono detti realmente dèi (cfr Sal 82,6), non per natura, ma per contingenza, così come il ferro arroventato è detto fuoco, non per natura ma per contingenza e per partecipazione del fuoco. Dice infatti: Sarete santi, perché io sono santo (Lv 19,2)” (III, 33, col. 1352 A). Dopo una serie di riferimenti di questo tipo, il Damasceno poteva perciò serenamente dedurre: “Dio, che è buono e superiore ad ogni bontà, non si accontentò della contemplazione di se stesso, ma volle che vi fossero esseri da lui beneficati che potessero divenire partecipi della sua bontà: perciò creò dal nulla tutte le cose, visibili e invisibili, compreso l’uomo, realtà visibile e invisibile. E lo creò pensando e realizzandolo come un essere capace di pensiero (ennoema ergon) arricchito dalla parola (logo[i] sympleroumenon) e orientato verso lo spirito (pneumati teleioumenon)” (II, 2, PG 94, col. 865A). E per chiarire ulteriormente il pensiero, aggiunge: “Bisogna lasciarsi riempire di stupore (thaumazein) da tutte le opere della provvidenza (tes pronoias erga), tutte lodarle e tutte accettarle, superando la tentazione di individuare in esse aspetti che a molti sembrano ingiusti o iniqui (adika), e ammettendo invece che il progetto di Dio (pronoia) va al di là della capacità conoscitiva e comprensiva (agnoston kai akatalepton) dell’uomo, mentre al contrario soltanto Lui conosce i nostri pensieri, le nostre azioni, e perfino il nostro futuro” (II, 29, PG 94, col. 964C). Già Platone, del resto, diceva che tutta la filosofia comincia con lo stupore: anche la nostra fede comincia con lo stupore della creazione, della bellezza di Dio che si fa visibile.
L’ottimismo della contemplazione naturale (physikè theoria), di questo vedere nella creazione visibile il buono, il bello, il vero, questo ottimismo cristiano non è un ottimismo ingenuo: tiene conto della ferita inferta alla natura umana da una libertà di scelta voluta da Dio e utilizzata impropriamente dall’uomo, con tutte le conseguenze di disarmonia diffusa che ne sono derivate. Da qui l’esigenza, percepita chiaramente dal teologo di Damasco, che la natura nella quale si riflette la bontà e la bellezza di Dio, ferite dalla nostra colpa, “fosse rinforzata e rinnovata” dalla discesa del Figlio di Dio nella carne, dopo che in molti modi e in diverse occasioni Dio stesso aveva cercato di dimostrare che aveva creato l’uomo perché fosse non solo nell’“essere”, ma nel “bene-essere” (cfr La fede ortodossa, II, 1, PG 94, col. 981°). Con trasporto appassionato Giovanni spiega: Era necessario che la natura fosse rinforzata e rinnovata e, fosse indicata e insegnata concretamente la strada della virtù (didachthenai aretes hodòn), che allontana dalla corruzione e conduce alla vita eterna… Apparve così all’orizzonte della storia il grande mare dell’amore di Dio per l’uomo (philanthropias pelagos)…” E’ una bella espressione. Vediamo, da una parte, la bellezza della creazione e, dall’altra, la distruzione fatta dalla colpa umana. Ma vediamo nel Figlio di Dio, che discende per rinnovare la natura, il mare dell’amore di Dio per l’uomo. Continua Giovanni Damasceno: “Egli stesso, il Creatore e il Signore, lottò per la sua creatura trasmettendole con l’esempio il suo insegnamento… E così il Figlio di Dio, pur sussistendo nella forma di Dio, abbassò i cieli e discese… presso i suoi servi… compiendo la cosa più nuova di tutte, l’unica cosa davvero nuova sotto il sole, attraverso cui si manifestò di fatto l’infinita potenza di Dio” (III, 1. PG 94, coll. 981C-984B).
Possiamo immaginare il conforto e la gioia che diffondevano nel cuore dei fedeli queste parole ricche di immagini tanto affascinanti. Le ascoltiamo anche noi, oggi, condividendo gli stessi sentimenti dei cristiani di allora: Dio vuole riposare in noi, vuole rinnovare la natura anche tramite la nostra conversione, vuol farci partecipi della sua divinità. Che il Signore ci aiuti a fare di queste parole sostanza della nostra vita.


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martedì 25 marzo 2025

25 marzo: Annunciazione di NSGC


Gentile Bellini, Annunciazione del Signore, 1475, ora al Museo Nacional Thyssen-Bornemisza a Madrid (Spagna).

(photo by Francesco Bianco)




Introito (Vultum tuum deprecabuntur):





VANGELO

In illo témpore: Missus est Angelus Gábriel a Deo in civitátem Galilææ, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Ioseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit: Ave, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus. Quæ cum audísset, turbáta est in sermóne eius: et cogitábat, qualis esset ista salutátio. Et ait Angelus ei: Ne tímeas, María, invenísti enim grátiam apud Deum: ecce, concípies in útero et páries fílium, et vocábis nomen eius Iesum. Hic erit magnus, et Fílius Altíssimi vocábitur, et dabit illi Dóminus Deus sedem David, patris eius: et regnábit in domo Iacob in ætérnum, et regni eius non erit finis. Dixit autem María ad Angelum: Quómodo fiet istud, quóniam virum non cognósco? Et respóndens Angelus, dixit ei: Spíritus Sanctus supervéniet in te, et virtus Altíssimi obumbrábit tibi. Ideóque et quod nascétur ex te Sanctum, vocábitur Fílius Dei. Et ecce, Elísabeth, cognáta tua, et ipsa concépit fílium in senectúte sua: et hic mensis sextus est illi, quæ vocátur stérilis: quia non erit impossíbile apud Deum omne verbum. Dixit autem María: Ecce ancílla Dómini, fiat mihi secúndum verbum tuum.

Vangelo di Luca 1, 26 - 38

Traduzione:

In quel tempo: L’Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, ad una Vergine sposata con un uomo della stirpe di Davide che si chiamava Giuseppe, e il nome della Vergine era Maria. Ed entrato da lei, l’Angelo disse: Ave, piena di grazia: il Signore è con te: benedetta tu tra le donne. Udendo ciò ella si turbò e pensava che specie di saluto fosse quello. E l’Angelo soggiunse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia davanti a Dio, ecco che concepirai e partorirai un figlio, cui porrai nome Gesù. Esso sarà grande e chiamato figlio dell’Altissimo; e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide, suo padre, e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà fine. Disse allora Maria all’Angelo: Come avverrà questo, che non conosco uomo ? E l’Angelo le rispose. Lo Spirito Santo scenderà in te e ti adombrerà la potenza dell’Altissimo. Perciò quel santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco che Elisabetta, tua parente, ha concepito anch’essa un figlio, in vecchiaia: ed è già al sesto mese, lei che era chiamata sterile: poiché niente è impossibile a Dio. E Maria disse: si faccia di me secondo la tua parola.


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domenica 23 marzo 2025

Terza domenica di Quaresima a Lviv (Ucraina)


Santa Messa letta (nel Rito Proprio dominicano Antico) alle ore 13:00 presso la Kaplytsya Rozena (a lato della chiesa detta dei Carmelitani) a Lviv, Ucraina.
Celebrante p. Igor Gnius OP.

(photo by Alessandro Franzoni)






VANGELO

In illo témpore: Erat Iesus eiíciens dæmónium, et illud erat mutum. Et cum eiecísset dæmónium, locútus est mutus, et admirátæ sunt turbæ. Quidam autem ex eis dixérunt: In Beélzebub, príncipe dæmoniórum, éiicit dæmónia. Et alii tentántes, signum de cœlo quærébant ab eo. Ipse autem ut vidit cogitatiónes eórum, dixit eis: Omne regnum in seípsum divísum desolábitur, et domus supra domum cadet. Si autem et sátanas in seípsum divísus est, quómodo stabit regnum eius? quia dícitis, in Beélzebub me eiícere dæmónia. Si autem ego in Beélzebub eiício dæmónia: fílii vestri in quo eiíciunt? Ideo ipsi iúdices vestri erunt. Porro si in dígito Dei eiício dæmónia: profécto pervénit in vos regnum Dei. Cum fortis armátus custódit átrium suum, in pace sunt ea, quæ póssidet. Si autem fórtior eo supervéniens vícerit eum, univérsa arma eius áuferet, in quibus confidébat, et spólia eius distríbuet. Qui non est mecum, contra me est: et qui non cólligit mecum, dispérgit. Cum immúndus spíritus exíerit de hómine, ámbulat per loca inaquósa, quærens réquiem: et non invéniens, dicit: Revértar in domum meam, unde exivi. Et cum vénerit, invénit eam scopis mundátam, et ornátam. Tunc vadit, et assúmit septem alios spíritus secum nequióres se, et ingréssi hábitant ibi. Et fiunt novíssima hóminis illíus peióra prióribus. Factum est autem, cum hæc díceret: extóllens vocem quædam múlier de turba, dixit illi: Beátus venter, qui te portávit, et úbera, quæ suxísti. At ille dixit: Quinímmo beáti, qui áudiunt verbum Dei, et custódiunt illud.

Vangelo di Luca 11, 14 - 28

Traduzione:

In quel tempo: Gesù stava liberando un indemoniato che era muto. E non appena cacciò il demonio, il muto parlò e le turbe ne rimàsero meravigliate. Ma alcuni díssero: Egli caccia i démoni in virtù di Belzebù, il príncipe dei démoni. Altri poi, per tentarlo, gli chiedévano un segno dal cielo. Ma egli, avendo scorto i loro pensieri, disse loro: Qualunque regno diviso in partiti contràrii va in perdizione, e una casa rovina sull’altra. Se anche sátana è in discordia con sé stesso, come sussisterà il suo regno? Giacché dite che io scaccio i démoni in virtú di Belzebù. Se io scaccio i demoni in virtú di Belzebù, in virtú di chi li scacciano i vostri figli? Per questo saranno essi i vostri giúdici. Se io col dito di Dio scaccio i démoni, certo è venuto a voi il regno di Dio. Quando il forte armato custodisce il suo àtrio, è al sicuro tutto quello che egli possiede. Ma se un altro più forte di lui lo sovrasta e lo vince, porta via tutte le armi in cui egli poneva la sua fiducia e ne spartisce le spoglie. Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde. Quando lo spírito immondo è uscito da un uomo, cammina per luoghi deserti, cercando réquie, e, non trovandola, dice: Ritornerò nella mia casa, donde sono uscito. E, venendo, la trova spazzata e adorna. Allora va, e prende con sé altri sette spíriti peggiori di lui, ed éntrano ad abitarvi, e la fine di quell’uomo è peggiore del principio. Ora avvenne che, mentre diceva queste cose, una donna alzò la voce di tra le turbe e gli disse: Beato il ventre che ti ha portato e il seno che hai succhiato. Ma egli disse: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la ossérvano.




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venerdì 21 marzo 2025

San Benedetto patrono d'Europa a Lviv (Ucraina)


Santa Messa letta (nel Rito Proprio dominicano Antico) alle ore 8:30 presso la Kaplytsya Rozena (a lato della chiesa detta dei Carmelitani) a Lviv, Ucraina.
Celebrante p. Igor Gnius OP.

(photo by Alessandro Franzoni)




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mercoledì 19 marzo 2025

San Giuseppe Sposo della BVM a Lviv (Ucraina)


Santa Messa letta (nel Rito Proprio dominicano Antico) alle ore 8:30 presso la Kaplytsya Rozena (a lato della chiesa detta dei Carmelitani) a Lviv, Ucraina.
Celebrante p. Igor Gnius OP.

(photo by Alessandro Franzoni)




VANGELO

Cum esset desponsáta Mater Iesu María Ioseph, ántequam convenírent, invénta est in útero habens de Spíritu Sancto. Ioseph autem, vir eius, cum esset iustus et nollet eam tradúcere, vóluit occúlte dimíttere eam. Hæc autem eo cogitánte, ecce, Angelus Dómini appáruit in somnis ei, dicens: Ioseph, fili David, noli timére accípere Maríam cóniugem tuam: quod enim in ea natum est, de Spíritu Sancto est. Páriet autem fílium, et vocábis nomen eius Iesum: ipse enim salvum fáciet pópulum suum a peccátis eórum.

Vangelo di Matteo 1, 18 - 21

Traduzione:

Essendo Maria, la Madre di Gesù, sposata a Giuseppe, prima di abitare con lui fu trovata incinta, per virtù dello Spirito Santo. Ora, Giuseppe, suo marito, essendo giusto e non volendo esporla all’infamia, pensò di rimandarla segretamente. Mentre pensava questo, ecco apparirgli in sogno un Angelo del Signore, che gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere Maria come tua sposa: poiché quel che è nato in lei è opera dello Spirito Santo. Ella partorirà un figlio, cui porrai nome Gesù: perché egli libererà il suo popolo dai suoi peccati.




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lunedì 17 marzo 2025

17 marzo: san Patrizio


(photo by Alessandro Franzoni)




Agiografia

San Patrizio, apostolo del Vangelo fra il popolo irlandese, nacque nella Scozia da agiati e pii genitori verso la fine del secolo quinto. La Divina Provvidenza che nei suoi arcani disegni, sempre infinitamente sapienti, destinava Patrizio a grandi cose nella Chiesa Cattolica, dispose che egli, ancor giovane, strappato dal grembo della famiglia, fosse condotto schiavo nell'Irlanda. Durante questa schiavitù, in cui il povero giovanetto ebbe a sentire tutta l'amarezza dell'abbandono e subire il disprezzo più avvilente ed inumano, la grazia del Signore plasmò il cuore del suo servo e lo predispose alla sua sublime missione.. Finalmente dopo dieci anni di sofferenze inenarrabili, potè ritornare in famiglia.
Patrizio, per prepararsi alla divina missione che da Dio gli era stata assegnata, si diede agli studi e all'esercizio delle virtù sacerdotali. Fu ordinato diacono, sacerdote e, prima di partire per l'evangelizzazione dell'Irlanda, fu consacrato vescovo.
Tra quelle popolazioni ancora barbare ed idolatre, S. Patrizio ebbe a soffrire la persecuzione ed il carcere. Ma tutto sopportò in pace, poiché il martirio fu sempre uno dei suoi desideri più intensi. Non vi fu luogo di quell'isola che non fosse visitato più volte dal Santo, nonostante che la sua vita corresse grave pericolo. Il Signore benedisse largamente le fatiche di questo novello Paolo, e quella terra pagana divenne la terra dei Santi. Le lotte che attraverso i secoli, specialmente contro il Protestantesimo, sostenne l'Irlanda per conservare integra la dottrina evangelica, gli esempi di fede e gli slanci di amore che quel popolo ha dimostrato ne sono prova evidente.
L'opera di Patrizio fu completa. Non solo convertì e battezzò tante e tante anime, ma molti giovani ricevettero gli ordini sacri, molte chiese furono innalzate e molte giovani si consacrarono al Signore nella vita religiosa.
Tra le virtù che particolarmente spiccarono nel Santo, ammirabile fu il suo distacco dalle cose di questo mondo. Delle tante offerte che i fedeli deponevano ai suoi piedi, nulla mai prese per sè, ma tutto dispensava ai poverelli.
Verso la fine della sua vita. scrisse La Confessione, libro in cui narra i principali avvenimenti della sua vita.

  


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domenica 16 marzo 2025

Seconda domenica di Quaresima a Lviv (Ucraina)


Santa Messa letta (nel Rito Proprio dominicano Antico) alle ore 13:00 presso la Kaplytsya Rozena (a lato della chiesa detta dei Carmelitani) a Lviv, Ucraina.
Celebrante p. Igor Gnius OP.

(photo by Alessandro Franzoni)




VANGELO

In illo témpore: Assúmpsit Iesus Petrum, et Iacóbum, et Ioánnem fratrem eius, et duxit illos in montem excélsum seórsum: et transfigurátus est ante eos. Et resplénduit fácies eius sicut sol: vestiménta autem eius facta sunt alba sicut nix. Et ecce, apparuérunt illis Móyses et Elías cum eo loquéntes. Respóndens autem Petrus, dixit ad Iesum: Dómine, bonum est nos hic esse: si vis, faciámus hic tria tabernácula, tibi unum, Móysi unum et Elíæ unum. Adhuc eo loquénte, ecce, nubes lúcida obumbrávit eos. Et ecce vox de nube, dicens: Hic est Fílius meus diléctus, in quo mihi bene complácui: ipsum audíte. Et audiéntes discípuli, cecidérunt in fáciem suam, et timuérunt valde. Et accéssit Iesus, et tétigit eos, dixítque eis: Súrgite, et nolíte timére. Levántes autem óculos suos, néminem vidérunt nisi solum Iesum. Et descendéntibus illis de monte, præcépit eis Iesus, dicens: Némini dixéritis visiónem, donec Fílius hóminis a mórtuis resúrgat.

Vangelo di Matteo 17, 1 - 9

Traduzione:

In quel tempo: Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte. E fu trasfigurato in loro presenza: il suo volto brillò come il sole, e le sue vesti divennero càndide come la neve. Ed ecco apparire loro Mosè ed Elia, i quali conversavano con lui. Pietro disse a Gesù: Signore, è bene che noi stiamo qui, se vuoi faremo qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia. Mentre egli parlava ancora, una núvola luminosa li circondò, ed una voce dalla núvola disse: Questo è il mio Figlio prediletto, in cui mi sono compiaciuto, ascoltàtelo. E i discépoli, udito ciò, càddero col viso a terra, e fúrono presi da gran timore. Ma Gesù, accostatosi, li toccò e disse: Levàtevi e non temete. Ed essi, alzati gli occhi, vídero Gesù tutto solo. Poi, mentre scendévano dal monte, Gesù diede loro quest’ordine: Non parlate ad alcuno di questa visione finché il Figlio dell’uomo sia resuscitato dai morti.



Tintoretto, Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, olio su tela, Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, Venezia.

(photo by Francesco Bianco)


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sabato 15 marzo 2025

Sabato delle Quattro Tempora di Quaresima


Tiziano Vecellio, Trasfigurazione, dalla chiesa di San Salvador a Venezia.

(photo by Nicola de Grandi)




VANGELO

In illo témpore: Assúmpsit Iesus Petrum, et Iacóbum, et Ioánnem fratrem eius, et duxit illos in montem excélsum seórsum: et transfigurátus est ante eos. Et resplénduit fácies eius sicut sol: vestiménta autem eius facta sunt alba sicut nix. Et ecce, apparuérunt illis Moyses et Elías cum eo loquéntes. Respóndens autem Petrus, dixit ad Iesum: Dómine, bonum est nos hic esse: si vis, faciámus hic tria tabernácula, tibi unum, Móysi unum et Elíæ unum. Adhuc eo loquénte, ecce, nubes lúcida obumbrávit eos. Et ecce vox de nube, dicens: Hic est Fílius meus diléctus, in quo mihi bene complácui: ipsum audíte. Et audiéntes discípuli, cecidérunt in fáciem suam, et timuérunt valde. Et accéssit Iesus, et tétigit eos, dixítque eis: Súrgite, et nolíte timére. Levántes autem óculos suos, néminem vidérunt nisi solum Iesum. Et descendéntibus illis de monte, præcépit eis Iesus, dicens: Némini dixéritis visiónem, donec Fílius hóminis a mórtuis resúrgat.

Vangelo di Matteo 17, 1- 9

Traduzione:

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse in disparte, su un alto monte; e, davanti a loro, si trasfigurò. Il suo volto si fece splendente come il sole, le sue vesti divennero candide come la neve. Ed ecco, apparvero Mosè ed Elia, in colloquio con lui. Pietro allora, prendendo la parola, disse a Gesù: «Signore, è bene per noi stare qui. Se vuoi, facciamo qui tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia». Mentr'egli ancora parlava, ecco una nube luminosa li avvolse, e una voce dalla nube disse: «Questo è il mio Figlio diletto, nel quale ho riposto la mia compiacenza: ascoltatelo». A questa voce, i discepoli caddero faccia a terra, e furon presi da grande spavento. Ma Gesù si accostò a loro, li toccò e disse: «Alzatevi e non abbiate timore». Ed essi, alzati gli occhi, non videro più alcuno, all'infuori di Gesù. Mentre scendevano dal monte, Gesù diede loro quest'ordine: «Non fate parola ad alcuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo sia risorto dai morti».


Cosa sono le Quattro Tempora?

Quattro serie di tre giorni di digiuno e di astinenza, istituite dalla Chiesa al principio delle quattro stagioni dell'anno. Secondo S. Leone Magno questo digiuno è di origine ebraica; altri autori vi scorgono la continuazione delle ferie romane di carattere agricolo (feriae messis, vindemiae, sementiciae). Il Liber Pontificalis ne attribuisce l'istituzione al papa Callisto I (222). Da principio si avevano solamente tre tempora (ieiunium mensis IV, VII, X); nel sec. VI S. Gregorio Magno le fissò definitivamente al mercoledì, venerdì e sabato che precedono le domeniche 2ª di quaresima, 1ª dopo la pentecoste, 3ª di settembre e 3ª dell'avvento. Nel sabato delle tempora fu stabilito il tempo normale delle sacre ordinazioni.

Bibl.: L. Fischer Die kirchlichen Quatember. Ihre Entstehung, Entwicklung, ecc., Monaco 1914.

(da Enciclopedia Treccani online)


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venerdì 14 marzo 2025

Venerdì delle Quattro Tempora di Quaresima


Sebastiano Conca, Episodio della Piscina Probatica, 
1731-1732, Siena, Chiesa della Santissima Annunziata, affresco.

(photo by Alessandro Franzoni)




VANGELO

In illo témpore: Erat dies festus Iudæórum, et ascéndit Iesus Ierosólymam. Est autem Ierosólymis Probática piscína, quæ cognominátur hebráice Bethsáida, quinque pórticus habens. In his iacébat multitúdo magna languéntium, cæcórum, claudórum, aridórum exspectántium aquæ motum. Angelus autem Dómini descendébat secúndum tempus in piscínam, et movebátur aqua. Et, qui prior descendísset in piscínam post motiónem aquæ, sanus fiébat, a quacúmque detinebátur infirmitáte. Erat autem quidam homo ibi, trigínta et octo annos habens in infirmitáte sua. Hunc cum vidísset Iesus iacéntem, et cognovisset, quia iam multum tempus habéret, dicit ei: Vis sanus fíeri? Respóndit ei lánguidus: Dómine, hóminem non hábeo, ut, cum turbáta fúerit aqua, mittat me in piscínam: dum vénio enim ego, álius ante me descéndit. Dicit ei Iesus: Surge, tolle grabátum tuum, et ámbula. Et statim sanus factus est homo ille: et sústulit grabátum suum, et ambulábat. Erat autem sábbatum in die illo. Dicébant ergo Iudaei illi, qui sanátus fúerat: Sábbatum est, non licet tibi tóllere grabátum tuum. Respóndit eis: Qui me sanum fecit, ille mihi dixit: Tolle grabátum tuum, et ámbula. Interrogavérunt ergo eum: Quis est ille homo, qui dixit tibi: Tolle grabátum tuum et ámbula? Is autem, qui sanus fúerat efféctus, nesciébat, quis esset. Iesus enim declinávit a turba constitúta in loco. Póstea invénit eum Iesus in templo, et dixit illi: Ecce, sanus factus es: iam noli peccáre, ne detérius tibi áliquid contíngat. Abiit ille homo, et nuntiávit Iudaeis, quia Iesus esset, qui fecit eum sanum.

Vangelo di Giovanni 5, 1 - 15

Traduzione:

In quel tempo, essendo una festa dei Giudei, Gesù andò a Gerusalemme. Or in Gerusalemme presso la Porta del Gregge vi è una piscina, detta in ebraico: Betesda, con cinque portici. Sotto di essi giaceva gran quantità d'infermi, ciechi, zoppi o paralitici ad aspettare il moto dell'acqua. Un Angelo del Signore, infarti, scendeva ogni tanto nella piscina, e l'acqua n'era agitata. E chi per primo vi si tuffava dopo il moto dell'acqua, guariva da qualunque malattia fosse afflitto. E vi stava un uomo che era infermo da trentotto anni. Gesù, vistolo giacere, e sapendo che da molto tempo si trovava in quella condizione, gli disse: «Vuoi esser guarito?». Rispose l'infermo: «Signore, non ho nessuno che mi metta nella vasca quando l'acqua è agitata; e quando mi accosto io, un altro vi è già disceso prima di me». Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». E nell'istante l'uomo guarì e, preso il lettuccio, cominciò a camminare. Or quel giorno era un sabato. E quindi i Giudei dicevano al risanato: «È sabato, non ti è lecito portare il tuo lettuccio». Ma egli rispose loro: «Quello stesso che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi il tuo lettuccio e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è quell'uomo che t'ha detto: “Prendi il tuo lettuccio e cammina"». Ma il guarito non sapeva chi fosse, perché Gesù s'era allontanato dalla folla che era colà. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco, sei guarito, non peccar più, che non ti avvenga di peggio». E quegli andò a riferire ai Giudei che era Gesù quello che lo aveva guarito.


Cosa sono le Quattro Tempora?

Quattro serie di tre giorni di digiuno e di astinenza, istituite dalla Chiesa al principio delle quattro stagioni dell'anno. Secondo S. Leone Magno questo digiuno è di origine ebraica; altri autori vi scorgono la continuazione delle ferie romane di carattere agricolo (feriae messis, vindemiae, sementiciae). Il Liber Pontificalis ne attribuisce l'istituzione al papa Callisto I (222). Da principio si avevano solamente tre tempora (ieiunium mensis IV, VII, X); nel sec. VI S. Gregorio Magno le fissò definitivamente al mercoledì, venerdì e sabato che precedono le domeniche 2ª di quaresima, 1ª dopo la pentecoste, 3ª di settembre e 3ª dell'avvento. Nel sabato delle tempora fu stabilito il tempo normale delle sacre ordinazioni.

Bibl.: L. Fischer Die kirchlichen Quatember. Ihre Entstehung, Entwicklung, ecc., Monaco 1914.

(da Enciclopedia Treccani online)


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mercoledì 12 marzo 2025

Mercoledì delle Quattro Tempora di Quaresima


Pietà, scultura lignea presso la chiesa di San Giacomo a Schio (Vicenza)

(photo by Alessandro Franzoni)




VANGELO

In illo témpore: Respondérunt Iesu quidam de scribis et pharisaeis, dicéntes: Magíster, vólumus a te signum vidére. Qui respóndens, ait illis: Generátio mala et adúltera signum quærit: et signum non dábitur ei, nisi signum Ionæ Prophétæ. Sicut enim fuit Ionas in ventre ceti tribus diébus et tribus nóctibus: sic erit Fílius hóminis in corde terræ tribus diébus et tribus nóctibus. Viri Ninivítæ surgent in iudício cum generatióne ista, et condemnábunt eam: quia pæniténtiam egérunt in prædicatióne Ionæ. Et ecce plus quam Ionas hic. Regína Austri surget in iudício cum generatióne ista, et condemnábit eam: quia venit a fínibus terræ audire sapiéntiam Salomónis. Et ecce plus quam Sálomon hic. Cum autem immúndus spíritus exíerit ab hómine, ámbulat per loca árida, quærens réquiem, et non invénit. Tunc dicit: Revértar in domum meam, unde exívi. Et véniens invénit eam vacántem, scopis mundátam, et ornátam. Tunc vadit, et assúmit septem álios spíritus secum nequióres se, et intrántes hábitant ibi: et fiunt novíssima hóminis illíus pe-ióra prióribus. Sic erit et generatióni huic péssimæ. Adhuc eo loquénte ad turbas, ecce, Mater eius et fratres stabant foris, quæréntes loqui ei. Dixit autem ei quidam: Ecce, mater tua et fratres tui foris stant, quæréntes te. At ipse respóndens dicénti sibi, ait: Quæ est mater mea, et qui sunt fratres mei? Et exténdens manum in discípulos suos, dixit: Ecce mater mea et fratres mei. Quicúmque enim fécerit voluntátem Patris mei, qui in coelis est: ipse meus frater et soror et mater est.

Vangelo di Matteo 12, 38 - 50

Traduzione:

Gli replicarono alcuni Scribi e Farisei: «Maestro, desideriamo vederti fare un prodigio». Ma egli rispose: «Questa generazione malvagia e adultera cerca un segno, e non le sarà dato altro che quello del profeta Giona. Infatti come Giona stette tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo starà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. I Niniviti sorgeranno, nel giudizio, contro questa generazione e la condanneranno, perché essi fecero penitenza alla predicazione di Giona: ed ecco vi è qui uno che è da più di Giona. La Regina del Mezzodì sorgerà nel giudizio contro questa generazione e la condannerà, perché essa venne dagli ultimi confini della terra per udire la sapienza di Salomone; ed ecco qui uno che è più di Salomone. Quando lo spirito immondo è stato fatto uscire da un uomo, vagola per luoghi aridi in cerca di riposo, e non lo trova. Allora dice: "Tornerò a casa mia da cui sono uscito". E quando vi arriva, la trova vuota, spazzata e adorna. Allora va a prendere seco altri sette spiriti peggiori di lui, ed entrando in essa, vi si stabiliscono, e l'ultimo stato di quell'uomo divien peggiore del primo. Così accadrà anche a questa generazione malvagia». Mentre Gesù parlava alle turbe, ecco sua madre e i suoi parenti star fuori e chiedergli di parlargli. E uno gli disse: «Ecco tua madre e i tuoi fratelli son là fuori e cercan di te». Ma egli, rispose: «Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli?». E stesa la mano verso i suoi discepoli disse: «Ecco la mia madre e i miei fratelli, poiché chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, esso mi è fratello, sorella e madre».


Cosa sono le Quattro Tempora?

Quattro serie di tre giorni di digiuno e di astinenza, istituite dalla Chiesa al principio delle quattro stagioni dell'anno. Secondo S. Leone Magno questo digiuno è di origine ebraica; altri autori vi scorgono la continuazione delle ferie romane di carattere agricolo (feriae messis, vindemiae, sementiciae). Il Liber Pontificalis ne attribuisce l'istituzione al papa Callisto I (222). Da principio si avevano solamente tre tempora (ieiunium mensis IV, VII, X); nel sec. VI S. Gregorio Magno le fissò definitivamente al mercoledì, venerdì e sabato che precedono le domeniche 2ª di quaresima, 1ª dopo la pentecoste, 3ª di settembre e 3ª dell'avvento. Nel sabato delle tempora fu stabilito il tempo normale delle sacre ordinazioni.

Bibl.: L. Fischer Die kirchlichen Quatember. Ihre Entstehung, Entwicklung, ecc., Monaco 1914.

(da Enciclopedia Treccani online)