mercoledì 16 dicembre 2020

Con Maria verso il Natale


Luca Giordano, 1680, Immacolata Concezione, Palazzo Zevallos Stigliano a Napoli.

(photo by Francesco Bianco)


Immergiamoci nel mistero mariano dell'Avvento con l’omelia di Mons. Marco Agostini, Cerimoniere pontificio, per la festa dell’Immacolata dello scorso 8 dicembre 2020 presso la chiesa di Sant'Anna in Latrerano in via Merulana a Roma.


Sia lodato Gesù Cristo! La festa odierna era già arcanamente racchiusa nelle antiche parole, appena udite, dell’arcangelo Gabriele “Ave Maria gratia plena”, però tutto è divenuto più chiaro quando il Beato Pio IX proclamò il Dogma dell’Immacolata Concezione: “La Beatissima Vergine, nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio concessole da Dio onnipotente in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, fu preservata immune da ogni macchia di peccato originale” (Pio IX, “Ineffabilis Deus”). Maria, dunque, è la piena di grazia fin dal suo affacciarsi al mondo. Il dogma fu proclamato in giorni non facili per il pontificato romano e per la Chiesa, dove gravi preoccupazioni umane avrebbero potuto avere il sopravvento: ma Papa, cardinali e vescovi, con sguardo soprannaturale, attesero al loro compito principale di confermare e pascere i fratelli nella fede (cfr. Lc 22,31-34). Dopo una gestazione e meditazione di quasi due millenni, il papa nel 1848 ritenne che fosse giunto il momento della proclamazione dogmatica: nominò una commissione di cardinali e teologi per esaminare a fondo la questione della definibilità del privilegio mariano. La commissione, stabilito che per la definibilità di una nuova dottrina era necessario che essa fosse contenuta almeno implicitamente in una delle due fonti della Rivelazione, la Scrittura e la Tradizione, accertò che l’immacolato concepimento di Maria ben documentato nella Tradizione aveva solide testimonianze anche nella S. Scrittura. Allora, col parere favorevole di vescovi e teologi, forte del “sensus fidei” dei fedeli, Pio IX procedette nella Basilica Vaticana alla solenne definizione del dogma. 
Se nei primi tre secoli del I millennio la dottrina era implicita esprimendosi soprattutto nel parallelismo Eva-Maria, dal IV secolo essa divenne più chiara. Nella lotta contro il pelagianesimo la questione dell’Immacolata Concezione fu posta a S. Agostino, per la prima volta, in termini precisi. Nel VII secolo, poi, S. Sofronio accennò direttamente al tema della preservazione dalla colpa originale. Per tutta la prima metà del II millennio, la professione di fede nel singolare privilegio crebbe nella Chiesa greca, mentre in quella latina s’instaurò un dibattito che durò per secoli. Scuola di Parigi, Francescani, Domenicani discutevano talvolta aspramente: e più si dibatteva più la festa della Concezione si diffondeva tra i fedeli. Allora il papa Sisto IV con la costituzione “Cum praecelsa” (27 febbraio del 1477) approvò solennemente la Festa dell’Immacolata Concezione celebrandola con Messa e Ufficiatura composti dal veronese Leonardo de Nogarolis. Le controversie continuarono costringendo il papa a intervenire nuovamente con la bolla “Grave nimis”.
La seconda metà del II millennio è, in Occidente, sotto il segno del trionfo della sentenza immacolatista, mentre l’Oriente, dopo 15 secoli di concordia nell’asserzione del privilegio, entrava in un’epoca di discordie originate dal crescente favore che ad esso si accordava nella Chiesa Cattolica. L’elaborazione teologica fece progressi: ci si chiese se l’Immacolata Concezione fosse verità di fede o almeno potesse diventarlo. Nella VI sessione del Concilio di Trento (1546) la corrente favorevole alla definizione dogmatica dell’insigne privilegio, ottenne che nel decreto sull’universalità del peccato originale fossero aggiunte parole importanti “sull’Immacolata Vergine Maria”. Sempre nel contesto della polemica tra macolisti e immacolisti, papa Alessandro VII, con la costituzione “Sollicitudo omnium Ecclesiarum” (8 dicembre 1661) precisò l’oggetto della festa dichiarando che si trattava della preservazione dell’anima della Vergine dalla colpa originale, nel primo istante della sua creazione e infusione al corpo, per speciale grazia e privilegio di Dio, in vista dei meriti di Cristo suo Figlio, Redentore del Genere Umano.
La conseguenza fu che diocesi, re, popoli e città si misero sotto la protezione dell’Immacolata e si fondarono Congregazioni religiose in suo onore. Anche l’impegno di difendere il privilegio e appianare la via alla definizione dogmatica crebbe tra i teologi; molti s’impegnarono con voto a versare il proprio sangue, se necessario, per la sua difesa. Questo atto filiale di amore, denominato “voto sanguinario”, fu emesso anche da S. Alfonso Maria de Liguori. Il 6 dicembre 1708 con la bolla “Commissi nobis”, Clemente XI estese “de jure” la festa dell’Immacolata Concezione all’intera Chiesa. L’opposizione dei Lumi, che ha il suo campione nell’opera di Ludovico Muratori, per il singolare privilegio poco poté contro l’entusiasmo dei fedeli e dei dotti. Alle crescenti richieste di vescovi, re e Ordini religiosi il Papa ripose con la proclamazione del dogma l’8 dicembre del 1854.
Ogni dogma, definito o “in fieri”, ha generato lungo i secoli immagini adatte per il culto. Fino alla “Cum praecelsa” di Sisto IV le immagini riferentisi alla Concezione di Maria Vergine mostravano l’incontro di Gioachino e Anna alla porta Aurea del tempio di Gerusalemme (Giotto, Cappella degli Scrovegni a Padova, 1303-1305). Dopo la costituzione l’iconografia si fece più articolata, addirittura, caso più unico che raro nell’arte sacra, rispecchiando anche le posizioni contrastanti dei dottori della Chiesa. A Città di Castello ci sono due dipinti che riguardano l’Immacolata Concezione: uno nella Pinacoteca Comunale, l’altro sull’altar maggiore della chiesa delle Murate, ambedue riconducibili alla cerchia di Nicolò Circignani detto il Pomarancio (anni ‘60-70 del Cinquecento). Complessa e didascalica quella del Museo, più scarna ed essenziale quella delle Murate, ma lo schema iconografico è lo stesso. Vi è rappresentato l’albero che stava nel mezzo del giardino di Eden quello della vita e della conoscenza del bene e del male (cfr. Gn 2,8-10). Ai piedi dell’albero giacciono sconfitti Adamo ed Eva incatenati. Avvinghiato all’albero l’antico serpente, il Tentatore, in sembianze femminili quello delle Murate e più demoniache quello del Museo, mentre tiene le catene dei Progenitori. Sopra il tronco, dove s’allarga la chioma dell’albero, splende nel sole dorato, tra le nubi, circondata dagli angeli, l’Immacolata con le dodici stelle e la luna sotto i piedi mentre l’Eterno s’affaccia dall’alto nell’atto di donarla come Nuova Eva e di riceverla come Assunta. Il Dogma è ben rappresentato: discendendo da Adamo ed Eva per via di naturale generazione, anche Maria, come tutti gli uomini, nell’atto in cui l’anima veniva unita al corpo, avrebbe dovuto contrarre la colpa originale. Ma per lei, affinché fosse una “degna abitazione di Dio” fu fatta eccezione: pertanto se gli altri vennero da Cristo Redentore liberati dal peccato originale, dopo averlo contratto, la Vergine fu preservata dal contrarlo. Oggi celebriamo quest’unica eccezione alla legge comune: un’indicibile speranza! Benedetto XVI nell’Omelia dell’8 dicembre 2005 scrive: “Dobbiamo dire che in questo racconto è descritta non solo la storia dell’inizio, ma la storia di tutti i tempi, e che tutti portiamo dentro di noi una goccia del veleno di quel modo di pensare illustrato dalle immagini della Genesi. Questa goccia di veleno la chiamiamo peccato originale”. Oggi si fatica a parlare di peccato, di peccato originale, persino tra gli uomini di Chiesa si arriva a “pensare che in fondo il male sia buono, pensiamo che patteggiare un po’ col male, riservarsi un po’ di libertà contro Dio sia, in fondo un bene, addirittura necessario. Guardando però il mondo intorno a noi vediamo che non è così, che il male avvelena sempre, non innalza l’uomo, ma lo abbassa e umilia, non lo rende più grande, più puro e più ricco, ma lo danneggia e lo fa diventare più piccolo…
Questo dobbiamo imparare il giorno dell’Immacolata: l’uomo che si affida totalmente a Dio trova la vera libertà, la vastità grande e creativa della libertà nel bene. L’uomo che si volge verso Dio non diventa più piccolo, ma più grande, perché grazie a Dio e con Lui diventa grande, diventa divino, diventa veramente sé stesso. E più l’uomo è vicino a Dio, più è vicino agli uomini”. Questi pensieri sembrano materializzarsi allorquando, in questo giorno, omaggiamo l’Immacolata anche con una visita in Piazza di Spagna, come ha fatto il Papa questa mattina all’alba. L’Immacolata nel suo giorno ci regala Grazie e sorprese.
Sia lodato Gesù Cristo!


FONTE: Coetus Fidelium San Remigio Vescovo (Verona)

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