lunedì 4 novembre 2024

San Carlo Borromeo a Venezia


Santa Messa letta alle ore 11:00 presso la chiesa di San Simon Piccolo a Venezia (fronte stazione ferroviaria).
Celebrante don Joseph Kramer FSSP.

(photo by Alessandro Franzoni)






VANGELO

In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis parábolam hanc: Homo peregre proficíscens vocávit servos suos, et trádidit illis bona sua. Et uni dedit quinque talénta, álii autem duo, álii vero unum, unicuíque secúndum própriam virtútem, et proféctus est statim. Abiit autem, qui quinque talénta accéperat, et operátus est in eis, et lucrátus est ália quinque. Simíliter et, qui duo accéperat, lucrátus est ália duo. Qui autem unum accéperat, ábiens fodit in terram, et abscóndit pecúniam dómini sui. Post multum vero témporis venit dóminus servórum illórum, et pósuit ratiónem cum eis. Et accédens qui quinque talénta accéperat, óbtulit alia quinque talénta, dicens:Dómine, quinque talénta tradidísti mihi, ecce, alia quinque superlucrátus sum. Ait illi dóminus eius: Euge, serve bone et fidélis, quia super pauca fuísti fidélis, super multa te constituam: intra in gáudium dómini tui. Accéssit autem et qui duo talénta accéperat, et ait: Dómine, duo talénta tradidísti mihi, ecce, ália duo lucrátus sum. Ait illi dóminus eius: Euge, serve bone et fidélis, quia super pauca fuísti fidélis, super multa te constítuam: intra in gáudium dómini tui. 

Vangelo di Matteo 25, 14 - 23

Traduzione:

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Un uomo, in procinto di partire, chiamati i servi consegnò loro i suoi beni: a chi diede cinque talenti, a chi due, a chi uno: a ciascuno secondo la sua capacità, e subito partì. Tosto colui, che aveva ricevuto cinque talenti, andò a negoziarli e ne guadagnò altri cinque. Similmente quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Ma colui che ne aveva ricevuto uno andò a fare una buca nella terra e vi nascose il danaro del suo padrone. Or molto tempo dopo ritornò il padrone di quei servi, e li chiamò a render conto. E venuto quello che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque dicendo: “Signore, me ne desti cinque, ecco ne ho guadagnati altri cinque. E il padrone a lui: “Bene, servo buono e fedele, perché sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; entra nella gioia del tuo Signore. E presentatosi l'altro che aveva ricevuto due talenti, disse: “Signore, me ne hai affidati due; eccone guadagnati altri due". E il padrone a lui: “Bene, servo buono e fedele, perché sei stato fedele, nel poco, ti darò potere su molto: entra nella gioia del tuo Signore"».


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domenica 3 novembre 2024

Quarta domenica dopo l'Epifania a Venezia


Santa Messa letta alle ore 11:00 presso la chiesa di San Simon Piccolo a Venezia (fronte stazione ferroviaria).
Celebrante don Joseph Kramer FSSP.

(photo by Alessandro Franzoni)




VANGELO

In illo témpore: Ascendénte Iesu in navículam, secúti sunt eum discípuli eius: et ecce, motus magnus factus est in mari, ita ut navícula operirétur flúctibus, ipse vero dormiébat. Et accessérunt ad eum discípuli eius, et suscitavérunt eum, dicéntes: Dómine, salva nos, perímus. Et dicit eis Iesus: Quid tímidi estis, módicæ fídei? Tunc surgens, imperávit ventis et mari, et facta est tranquíllitas magna. Porro hómines miráti sunt, dicéntes: Qualis est hic, quia venti et mare obœ́diunt ei?

Vangelo di Matteo 8, 23 - 27

Traduzione.

In quel tempo: Gesù montò in barca, seguito dai suoi discepoli: ed ecco che una grande tempesta si levò sul mare, tanto che la barca era quasi sommersa dai flutti. Gesù intanto dormiva. Gli si accostarono i suoi discepoli e lo svegliarono, dicendogli: Signore, salvaci, siamo perduti. E Gesù rispose: Perché temete, o uomini di poca fede? Allora, alzatosi, comandò ai venti e al mare, e si fece gran bonaccia. Onde gli uomini ne furono ammirati e dicevano: Chi è costui al quale obbediscono i venti e il mare?


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lunedì 28 ottobre 2024

28 ottobre: SS Simone e Giuda


Francesco Cabianca, Bassorilievo con il Martirio dei SS Simeone e Giuda, 1730 ca, presso la chiesa di San Simon Piccolo a Venezia.

(photo by Alessandro Franzoni)




VANGELO

In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Hæc mando vobis, ut diligátis ínvicem. Si mundus vos odit: scitóte, quia me priórem vobis odio hábuit. Si de mundo fuissétis, mundus quod suum erat dilígeret; quia vero de mundo non estis, sed ego elegi vos de mundo, proptérea odit vos mundus. Mementóte sermónis mei, quem ego dixi vobis: Non est servus maior dómino suo. Si me persecúti sunt, et vos persequántur: si sermónem meum servavérunt, et vestrum servábunt. Sed hæc ómnia fácient vobis propter nomen meum: quia nésciunt eum, qui misit me. Si non veníssent et locútus fuíssem eis, peccátum non háberent: nunc autem excusatiónem non habent de peccáto suo. Qui me odit: et Patrem meum odit. Si ópera non fecíssem in eis, quæ nemo álius fecit, peccátum non háberent: nunc autem et vidérunt et odérunt et me et Patrem meum. Sed ut adimpleátur sermo, qui in lege eórum scriptus est: Quia ódio habuérunt me gratis.

Vangelo di Giovanni 15, 17 - 25

Traduzione:

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Questo io vi ordino: di amarvi scambievolmente. Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se voi foste del mondo, esso amerebbe ciò che è suo; invece, perché non gli appartenete, avendovi io tratti di mezzo al mondo. per questo esso vi odia. Ricordatevi di quella parola che vi dissi: non si dà servo più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi, se hanno osservata la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo ve lo faranno per causa del mio nome; perché non conoscono colui che mi ha mandato. Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero colpa; ora poi non hanno scusa del loro peccato. Chi odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi compiuto tra loro opere tali che nessun altro mai fece, sarebbero senza colpa; ora però hanno veduto e hanno odiato me e il Padre mio. Ma deve adempiersi la parola scritta nella loro legge: “Mi odiarono senza motivo"».


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domenica 27 ottobre 2024

Domenica di Cristo Re a Ferrara


Santa Messa cantata alle ore 18:00 presso la chiesa di Santa Chiara in centro a Ferrara (in corso Giovecca 179), preceduta alle ore 16:30 dal Canto dei Secondi Vespri, Esposizione e Benedizione Eucaristica.
Celebrante don Davide Benini.
All'organetto il m. FR.

(photo by Alessandro Franzoni)






Kyrie dalla Missa Regia del Primo Tono (Messe Royale), Henri Du Mont:







VANGELO

In illo témpore: Dixit Pilátus ad Iesum: Tu es Rex Iudæórum? Respóndit Iesus: A temetípso hoc dicis, an álii dixérunt tibi de me? Respóndit Pilátus: Numquid ego Iudǽus sum? Gens tua et pontífices tradidérunt te mihi: quid fecísti? Respóndit Iesus: Regnum meum non est de hoc mundo. Si ex hoc mundo esset regnum meum, minístri mei útique decertárent, ut non tráderer Iudǽis: nunc autem regnum meum non est hinc. Dixit ítaque ei Pilátus: Ergo Rex es tu? Respóndit Iesus: Tu dicis, quia Rex sum ego. Ego in hoc natus sum et ad hoc veni in mundum, ut testimónium perhíbeam veritáti: omnis, qui est ex veritáte, audit vocem meam.

Vangelo di Giovanni 18, 33 - 37

Traduzione:

In quel tempo: Pilato disse a Gesú: Sei tu il Re dei Giudei? Gesú gli rispose: Lo dici da te, o altri te l’hanno detto di me? Rispose Pilato: Sono forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno messo nelle mie mani. Che cosa hai fatto? Rispose Gesú: Il mio regno non è di questo mondo; se fosse di questo mondo, i miei ministri certo si adopererebbero perché non fossi dato in potere ai Giudei: dunque il mio regno non è di quaggiú. Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei Re? Rispose Gesú: È come dici, io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto al mondo, a rendere testimonianza alla verità. Chiunque sta per la verità, ascolta la mia voce.


Credo dalla Missa Regia del Primo Tono (Messe Royale), Henri Du Mont:





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venerdì 25 ottobre 2024

Domenico Zipoli, Storia di un missionario musicale in America Latina



Di Matteo Rossi

Chi non conosce Domenico Zipoli, compositore annoverato trai “minori” nella schiera di musicisti cresciuti nelle navate di tante chiese, che mirabilmente hanno saputo riempire con le loro angeliche musiche. Certamente tutti gli organisti della Penisola conosceranno le celebri Sonate di Intavolatura per organo e cimbalo del 1715 e saranno soliti suonare la sua meravigliosa pastorale avanti l’introito della messa della Mezzanotte, il giorno del Santo Natale. Pertanto non vogliamo qui riferirci che velocemente alla sua produzione, che purtroppo giuntaci pesantemente mutila. Ciò che vorremmo ricordare è la sua vicenda biografica: nato a Prato il 17 ottobre 1688 lo vediamo spirare all’inizio nel 1726 a Córdoba, città dell’attuale Argentina, allora appartenente alla provincia del Paraguay dell’impero spagnolo. Fattosi gesuita nel 1716 era infatti partito come missionario per queste lontane lande, dove la Fede cattolica, dopo due secoli dall’arrivo nel Nuovo Mondo, ancora faticava ad imporsi sulle pagane credenze tuttora ivi diffuse. Negli anni precedenti, tra il 1709 (o 1710) lo troviamo attivo a Roma, dopo aver studiato con i migliori maestri italiani del suo tempo: Bernardo Pasquini e Domenico Scarlatti. La preparazione e il precoce talento gli fruttarono un crescente numero di incarichi di prestigio tra cui, nel 1715, il posto di organista nella chiesa dei Gesuiti, nello stesso anno in cui pubblicò la già ricordata raccolta di lavori per tastiera. Sorprendiamo dunque il maestro Zipoli preparare armi e bagagli e lasciare il cuore della cristianità per la sua periferia più remota, nel pieno della gloria mondana, quando il suo nome legavasi alla pagina grazie alla nera alchimia della stampa.

Partitosi da Roma verso Genova nell’aprile del 1716, lo ritroviamo far vela da Cadice verso Buenos Aires il 5 aprile 1717, accompagnato da Giovanni Battista Primoli, eminente architetto che grande e concreta traccia lascerà di sé nella missione sud americana. Dopo molte peripezie, comuni a tanti altri viaggiatori nel corso dei secoli, lo Zipoli raggiunge Córdoba nel pieno dell’estate, dove ben presto si iscrive al collegio gesuitico, completando nel 1724 gli studi necessari all’ordinazione sacerdotale. Per via della mancanza di un vescovo nella città, non riceverà mai il sacro crisma, colto anzitempo dalla falce sanguinolenta della tubercolosi, che lo condurrà prematuramente a morte il 2 gennaio 1726.

Solo nel 1724 Zipoli concluse con merito il corso di studi teologici, di normale durata triennale, perché nel periodo tra l’arrivo in terra spagnola e la morte si situa la sua intensa attività missionaria, non fatta di splendenti costruzioni come quella del Primoli, né di attività che oggi potremmo definire di soccorso materiale, ma radicata nel suo talento musicale e diretta alla crescita spirituale e religiosa degli assistiti. Tra i primi fra gli organisti romani, Zipoli si fece missionario sospinto dalla potenza del linguaggio musicale occidentale, di cui egli si rende campione in terra ancora semi-pagana, riconoscendone l’utilità per l’evangelizzazione dei popoli latino americani. Si impegnò dunque attivamente tra le remote genti come maestro di cappella, direttore di cori più o meno improvvisati, organista e naturalmente compositore per quelle voci che anelavano il cantare Cristo secondo il detto della Chiesa cattolica, apostolica e romana.

Araldo del Vangelo attraverso la sua musica, Zipoli seppe lasciare memoria di sé nei confini dell’orbe cattolico, dove una sua messa a tre voci e orchestra venne eseguita per molti anni dopo il suo trapasso, dimostrando le capacità del linguaggio artistico di cui era vero maestro. Seppe dunque imprimere nei cuori amerindi l’amore per la vera Liturgia e quindi per Cristo, la Madonna e i Santi, ai quali si levò anche dalle più discoste regioni del globo l’inno di Lode. Le melodie cristalline e i fluenti passaggi armonici che caratterizzano il suo stile chiaro e così fortemente italiano, come non poteva che essere, risuonarono per qualche tempo nell’uno e nell’altro emisfero. Ma cosa rese possibile tale mirabile prodigio dei tempi? La pretesa universalità della Musica? L’eccellenza del maestro e la mansuetudine degli autoctoni allievi?

Ciò che sostanziò e diede forma all’esperienza missionaria di Domenico Zipoli fu la sua ferma certezza nell’universalità veramente cattolica della Fede e del Rito di Santa Madre Chiesa, certezza che inevitabilmente accese in lui lo spirito missionario, quella necessità spirituale di portare a tutti i popoli il lieto annuncio, conservandolo nella sua purezza ed integrità, nell’unica forma cioè in cui esso può conquistare a Gesù le anime del mondo. Alla lieta novella e al fine della Salvezza delle anime piegò la nobile Arte, consapevole di quella gerarchia che deve dominare il Sacro ed il suo esprimersi secondo le salutari forme prescritte dalla Chiesa, non date solamente ad una parte della Terra, ma consegnate alla Chiesa da Nostro Signore perché potesse nell’unità di Fede, Rito e Disciplina trarre i popoli dalle tenebre del paganesimo alla luce di Cristo. Così la Musica si fece strumento e segno mirabile del legame che tutti sostiene nel vincolo del Suo Corpo mistico.




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giovedì 24 ottobre 2024

24 ottobre: san Raffaele Arcangelo


Guido Reni, San Raffaele visita San Girolamo, ora al Detroit Institute of Art negli Stati Uniti d'America.

(foto dal web)




VANGELO

In illo témpore: Erat dies festus Iudæórum, et ascéndit Iesus Ierosólymam. Est autem Ierosólymis Probática piscína, quæ cognominátur hebráice Bethsaida, quinque pórticus habens. In his iacébat multitúdo magna languéntium, cæcórum, claudórum, aridórum exspectántium aquæ motum. Angelus autem Dómini descendébat secúndum tempus in piscínam, et movebátur aqua. Et, qui prior descendísset in piscínam post motiónem aquæ, sanus fiebat, a quacúmque detinebátur infirmitáte.

Vangelo di Giovanni 5, 1 - 4

Traduzione:

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Vegliate adunque perché non sapete a che ora verrà il vostro Signore. Abbiate però presente questo: che se il capo di famiglia sapesse a che ora il ladro ha da venire, veglierebbe certamente e non lascerebbe spogliare la sua casa. Quindi anche voi state preparati, perché nell'ora che non pensate il Figlio dell'uomo verrà. Chi è dunque quel servo fedele e prudente, preposto dal padrone ai suoi domestici per dar loro il cibo a suo tempo? Beato quel servo che il suo padrone quando viene, troverà a fare cosi. In verità vi dico che lo metterà a capo di tutte le sue sostanze».


Preghiera a san Raffaele Arcangelo

Celeste Medico, San Raffaele che hai guidato il giovane Tobia in un lungo viaggio e lo hai riportato sano e salvo da suo padre al quale hai reso la vista che aveva perso da molto tempo, permetti che ti chieda umilmente di guarirmi dai mali del corpo e dell’anima e di non abbandonarmi mai nel mio pellegrinaggio sulla terra, affinchè, sul tuo esempio possa essere fedele al mio Dio fino all’ultimo respiro.
Amen.


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mercoledì 23 ottobre 2024

23 ottobre: sant'Antonio Maria Claret


(foto dal web)

Dal Martirologio:

Oggi 23 ottobre, si festeggia Sant’Antonio Maria Claret, vescovo. Ordinato sacerdote, per molti anni percorse la regione della Catalogna in Spagna predicando al popolo; istituì la Società dei Missionari Figli del Cuore Immacolato della Beata Maria Vergine e, divenuto vescovo di Santiago nell’isola di Cuba, si adoperò con grande merito per la salvezza delle anime. Tornato in Spagna, sostenne ancora molte fatiche per la Chiesa, morendo infine esule tra i monaci cistercensi di Fontfroide vicino a Narbonne nella Francia meridionale.
Nato in una famiglia profondamente cristiana di tessitori catalani con dieci figli. Viene ordinato nel 1835, a 28 anni. Va a Roma nel 1839 e si rivolge a Propaganda Fide per essere inviato come missionario in qualsiasi parte del mondo. Non potendo raggiungere questo obiettivo, entra come novizio tra i Gesuiti, ma dopo pochi mesi deve tornare in patria perché malato. Per sette anni predica numerosissime missioni popolari in tutta la Catalogna e le isole Canarie conquistando un'immensa popolarità, anche come taumaturgo. Sa mettere insieme la gente dando vita ad associazioni e gruppi. Nel 1849 fonda una Congregazione apostolica: i Figli dell’Immacolato Cuore di Maria Oggi anche conosciuti come Missionari Clarettiani. All'inizio del terzo millennio, essi lavorano in 65 paesi dei cinque continenti. Nel 1936/ 39, durante la guerra civile spagnola, 271vengono uccisi per causa della fede. Tra questi spiccano i 51 Martiri di Barbastro, beatificati da Giovanni Paolo II il 1992. (Vedi in questa web: Martiri Spagnoli Clarettiani di Barbastro).
Nominato nel 1849 arcivescovo di Santiago di Cuba (all'epoca appartenente alla corona di Spagna), arriva in diocesi nel febbraio di 1851. Nel suo strenuo lavoro apostolico affronta i gravi problemi morali, religiosi e sociali dell'Isola: concubinato, povertà, schiavitù, ignoranza, ecc., ai quali si aggiungono due calamità che colpiscono la popolazione: epidemie e terremoti.
Ripercorre la sua vasta diocesi per ben quattro volte missionando instancabilmente con un gruppo di santi missionari. Le sue preoccupazioni pastorali si riversano anche in gran parte nel potenziamento del seminario e nella riformazione del clero. Nell'ambito sociale, promuove l'agricoltura, anche con diverse pubblicazioni e creando una fattoria-modello a Camagüey. Oltre a questo istituisce in ogni parrocchia una cassa di risparmio, opera pioniera in America Latina. Promuove l'educazione cercando Istituti religiosi e fondando egli stesso insieme alla Venerabile Maria Antonia Paris la congregazione delle Religiose di Maria Immacolata (Missionarie Clarettiane). La sua strenua fortezza nel difendere i diritti della Chiesa e i diritti umani li crea numerosi nemici tra i politici e i corrotti. E così subisce minacce e attentati, tra i quali uno ad Holguin, dove viene gravemente ferito al volto. Nel 1857 la regina lo richiama a Madrid come suo confessore. In questa tappa continua ad annunziare il Vangelo nella capitale e in tutta la penisola.
Esiliato in Francia nel 1868 arriva con la regina a Parigi e, anche qui, prosegue le sue predicazioni. Poi partecipa in Roma al concilio Vaticano I dove difende con ardore l'infallibilità del Romano Pontefice.
Perseguitato ancora dalla rivoluzione, si rifugia nel monastero di Fontfroide presso Narbona, dove spira santamente il 24 ottobre del 1870.
Sulla tomba vengono scolpite le parole di papa Gregorio VII: "Ho amato la giustizia e odiato l’iniquità, per questo muoio in esilio". Il suo corpo si venera nella Casa Madre dei Clarettiani a Vic (Barcellona).

E l’8 maggio 1950, Pio XII lo proclama santo, e dice del Claret: "spirito grande, sorto come per appianare i contrasti: poté essere umile di nascita e glorioso agli occhi del mondo; piccolo nella persona però di anima gigante; modesto nell'apparenza, ma capacissimo d'imporre rispetto anche ai grandi della terra; forte di carattere però con la soave dolcezza di chi sa dell'austerità e della penitenza; sempre alla presenza di Dio, anche in mezzo ad una prodigiosa attività esteriore; calunniato e ammirato, festeggiato e perseguitato. E tra tante meraviglie, quale luce soave che tutto illumina, la sua devozione alla Madre di Dio".


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martedì 22 ottobre 2024

Un nuovo apocalittismo, di Mikhail Epstein


Dove sta andando la Chiesa ortodossa russa? L’analisi profonda e scioccante di un noto pensatore russo apre degli spiragli. Non è indifferente per noi cercare di decifrare il groviglio di ideologie e pulsioni che oggi pretende di parlare a nome dell’ortodossia russa.

Dopo la cerimonia di investitura di Vladimir Putin il patriarca Kirill, nel porgergli gli auguri nella cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino, ha pronunciato una frase misteriosa: «Oserei addirittura dire: ci conceda Dio che la fine del secolo coincida anche con la fine della sua permanenza al potere. Lei ha tutto ciò che le serve per svolgere per molto tempo ancora e con successo questo grande compito al servizio della patria».

Della fine di quale secolo ci parla qui il patriarca? E perché lui stesso ammette che il suo augurio ha un che di audace?

Negli ultimi anni la Russia ha visto emergere una nuova ideologia pseudoreligiosa, gravida dei più grandi pericoli spirituali e dei più gravi sconvolgimenti politici, sia per il paese che per l’umanità. Ha adottato sia l’ortodossia di Stato che il culto pagano della terra, sia l’odio eurasiatico per l’Occidente che i tratti dell’ideologia nazista e i culti arcaici della guerra e del regno dei morti.

È una sorta di apocalittismo sui generis che assume gli aspetti più tenebrosi dello gnosticismo e maledice tutto ciò che esiste in quanto «immerso nel male». Di qui l’aspirazione a consegnare il mondo intero a un fuoco purificatore che porti, per mano dell’uomo, a una fine del mondo la cui forza distruttrice sarebbe affidata alla potenza delle armi nucleari.

Nella sua Idea russa (1946), Berdjaev scriveva: «Noi, russi, siamo apocalittici o nichilisti. Siamo apocalittici o nichilisti perché siamo tesi verso il fine ultimo e fatichiamo a comprendere la gradualità del processo storico, siamo ostili alla forma pura. (…) Nell’ortodossia si espresse più di ogni altra cosa l’aspetto escatologico del cristianesimo. Anche nel nichilismo russo si possono distinguere elementi ascetici ed escatologici. Il nostro è il popolo del fine ultimo, non dello stadio intermedio del processo storico».

L’odio per la materia

In effetti, come atteggiamento spirituale, nichilismo e apocalittismo sono le due facce della stessa e identica medaglia: la negazione di qualsiasi valore di questo mondo e l’attesa, o anche il desiderio febbrile della sua fine più rapida possibile.

In questo nuovo apocalittismo ci sono diversi elementi: religiosi, nazionalisti e politici. Innanzitutto, ci sono le dottrine gnostiche nate dalle idee occultiste e settarie dei primi secoli del cristianesimo e del Medioevo. In Russia, esse sono al centro delle idee dei Vecchi Credenti, secondo cui il mondo è già preda dell’Anticristo e deve quindi essere distrutto per accelerare il ritorno di Cristo.

Nell’era post-sovietica, stringendo una nuova alleanza con lo Stato, la Chiesa ortodossa russa ha iniziato ad agire come un suo strumento, come un’istituzione «patriottica», alla stregua dell’esercito o della Guardia Nazionale. Per un certo periodo, questo non ha impedito all’ortodossia russa di continuare a essere parte della Chiesa universale. Ma nel 2018, dopo che il patriarcato ecumenico di Costantinopoli ha riconosciuto l’autocefalia della Chiesa ucraina, la Chiesa ortodossa russa ha virato bruscamente verso lo scisma, ha deciso di separarsi dall’ortodossia universale ed è diventata, nello spirito e secondo la lettera della legge, una Chiesa «vecchio-credente».

La Chiesa ortodossa russa si è allontanata dalle riforme di Nikon del XVII secolo, che avevano avvicinato l’ortodossia russa a quella greca, e quindi ha smesso di essere «greco-cattolica» o «greco-russa» come spesso veniva ufficialmente chiamata. Il 16 ottobre 2018, il Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha deciso di recidere ogni legame di comunione eucaristica con il patriarcato di Costantinopoli.

Ormai ad essere in preda del male e ad essersi alleato con l’Anticristo non è più soltanto l’Occidente cattolico-protestante, ma anche il mondo ortodosso contemporaneo e, innanzitutto, il «fraterno mondo ucraino». La Chiesa russa, che nell’XI secolo, insieme a tutta la Chiesa bizantina, si era allontanata dal cristianesimo occidentale, mille anni dopo, nel XXI secolo, sotto i nostri occhi, si è allontanata anche dai fratelli ortodossi dell’Occidente e si è messa sulla strada di un ulteriore scisma, cioè sulla strada di una sorta di suicidio della fede.

Poi, d’altra parte, sono seguiti dei passi altrettanto pesanti. Già nel 1872, un Concilio ortodosso tenutosi a Costantinopoli aveva condannato l’eresia «etnofiletista» come una forma di razzismo o tribalismo ecclesiastico, in quanto subordinava gli interessi della Chiesa nel suo complesso agli interessi politici nazionali di un determinato gruppo etnico. Ed anche allora era chiaro che l’ortodossia russa era preda dell’idea di una subordinazione della religione agli interessi dello Stato. Centocinquant’anni dopo, nel 2022, mentre infuriava la guerra della Russia con l’Ucraina, il patriarca ecumenico Bartolomeo, nel suo discorso programmatico alla conferenza internazionale. Per un mondo ragionevolmente aperto, ha sottolineato il pericolo rappresentato per tutto il mondo da questa eresia e dalla politica scismatica della Chiesa ortodossa russa.

Dopo la caduta del comunismo, ha detto, «la fede è stata di nuovo utilizzata a scopi ideologici. La Chiesa ortodossa russa si è schierata con il regime del presidente Vladimir Putin, in particolare dopo l’elezione di Sua Beatitudine il patriarca Kirill nel 2009. Essa svolge un ruolo attivo nella promozione dell’ideologia del Russkij Mir. (…) Questa ideologia è lo strumento di legittimazione dell’espansionismo russo e il fondamento della sua strategia euroasiatica. Il legame tra il passato dell’etnofiletismo e il presente del “mondo russo” è evidente. La fede diventa in tal modo il fondamento stesso dell’ideologia del regime di Putin».

Il patriarca ecumenico ha così descritto l’indole scismatica dell’attuale Chiesa ortodossa russa, trasformatasi in una setta nazionalista nel quadro di uno Stato caratterizzato da una politica di grande potenza. Ora, allo statalismo dell’ortodossia russa si è aggiunto pure un militarismo non solo di natura politica, ma anche apocalittica, in quanto la Chiesa invita i suoi fedeli non solo a morire per la patria ma, in caso di sconfitta militare, a prepararsi ad annientare l’intera umanità.

Una nuova religione della morte

In questo senso stiamo assistendo all’emergere di una nuova religione di Stato, una religione della guerra e della «fine dei tempi», che combina ingredienti altrimenti difficilmente conciliabili: fascismo, ortodossia, religione dei vecchio-credenti, eurasismo, nazionalismo russo, settarismo apocalittico, culto dello Stato, imperialismo e millenarismo.

Questo apocalittismo militarista non ha praticamente alcun legame con il trascendente. Se è una religione, non sa nulla e non vuole sapere nulla di un Dio creatore, né del mondo come opera amata dal Dio che l’ha creata; se è un cristianesimo, non parla né di Cristo, né di amore, né di misericordia, né di perdono, o del mistero della persona umana, della vita e della resurrezione. Si tratta di un apocalittismo, essenzialmente anticristiano, centrato sull’idea della morte, intriso di odio per la persona, per la dignità e la libertà umana, pieno di disprezzo per la scienza e per la tecnica, il cui unico ideale consiste nella distruzione, nel massimo esaurimento di tutto ciò che costituisce il substrato materiale della vita e nell’eliminazione della vita in quanto tale.

Questo apocalittismo è vicino alle concezioni ctonie del potere della terra sull’uomo, della massa continentale della terra che divora gli individui e li trasforma in propaggini deboli, senz’anima e apatiche del corpo nazionale. Di qui viene anche la prossimità di questo apocalittismo al fascismo.

Com’è noto, Umberto Eco aveva individuato 14 archetipi caratteristici del fascismo, ma si possono ridurre a un’unica formula che li riunisce tutti. Il fascismo è un tentativo collettivo di guarire dal trauma della nascita attraverso l’esperienza di una morte simbolica (ma, in ultima analisi, anche fisica); in altre parole, è un tentativo di sottrarsi alla coscienza, al linguaggio, all’individualità e a tutte le ansie di un’esistenza distinta e problematica. È una pulsione a liberarsi dalla propria personalità e a morire estaticamente nel seno collettivo della terra, del popolo, della massa.

Nel contesto russo, la mentalità escatologica (dal greco eschatos: fine) si manifesta molto più fortemente che non nel nazismo tedesco o nel fascismo italiano. E questo non solo perché la dimensione escatologica del cristianesimo è sempre stata più pronunciata nell’ortodossia, ma anche perché, dopo l’invenzione della bomba atomica, l’idea di Giudizio Universale ha smesso di essere un concetto religioso e ha assunto una dimensione pratica.

La formulazione più chiara a questo proposito ci è stata offerta da Aleksandr Dugin in quanto, da vecchio-credente, le rappresentazioni della fine dei tempi tipiche dei vecchio-credenti gli stanno particolarmente a cuore: «Quella che viene proclamata qui è la mobilitazione escatologica degli eurasiatici! Tutte le cose si avvicinano alla loro fine e alla loro conclusione. FINIS MUNDI. La fine del mondo».

Secondo la logica di Dugin, per la Russia è ormai giunto il momento di compiere la sua missione su scala globale, in quanto, tra tutte le civiltà conosciute, si distingue per il suo consapevole orientamento verso la fine della storia e di tutte le cose. E continua:

«Quello che dobbiamo fare non è chiederci se la fine del mondo arriverà o meno, ma pensare a come realizzarla. Questo è il nostro dovere. Non arriverà da sola… Sta a noi decidere. E, soprattutto, sta a noi trovare un modo per porre fine a questa storia…».

I metafisici folli, posseduti da manie di grandezza e sete di suicidio, pensano e dicono molte cose. La questione si fa molto più preoccupante quando un simile insieme di idee si impadronisce di un capo di Stato, che sta conducendo il suo paese e il mondo intero verso il disastro nucleare.

Già nel 2018, quando presentò le ultime versioni delle armi nucleari all’Assemblea federale, Putin espresse la propria visione del futuro con una frase che all’epoca venne considerata ancora semplicemente delirante: «Come martiri, noi andremo in paradiso, mentre loro moriranno e basta perché non avranno avuto il tempo di pentirsi». Che cos’è: uno scherzo sinistro, un avvertimento spietato, un gesto di sacrificio o di vendetta?

Putin stabilì allora per la prima volta un legame tra la politica e i dispositivi militari russi, da un lato, e l’escatologia, la fine del mondo e il passaggio nell’aldilà, dall’altro. Veniva indicato il terreno di una nuova ideologia religiosa i cui eroi saranno i cercatori della fine del mondo, i martiri e gli edonisti della futura apocalisse che, separandosi dall’intero universo, faranno della morte dell’umanità la loro professione.

E ora il patriarca, benedicendo Putin per un altro mandato, collega direttamente il significato della sua prossima attività con la «fine del secolo». Di quale secolo sta parlando? Certamente non del nostro secolo, non dell’arrivo del XXII secolo, quando il presidente avrà 148 anni. «Secolo» nel linguaggio ecclesiastico è una traduzione del greco «eone». Nel Nuovo Testamento, «eone» indica l’intero mondo esistente, contrapposto al «secolo venturo» che verrà dopo la fine del mondo.

«La benedizione di Dio, la protezione della Regina del Cielo, possano rimanere con voi nella vostra vita, fino alla fine del secolo, come diciamo noi». Si parla quindi della fine del mondo così come lo conosciamo noi. È evidente che il patriarca affronta volutamente questo tema, dal momento che rileva l’audacia del suo giudizio sul mistero supremo. Il desiderio che la fine dell’eone coincida con la fine della permanenza di Putin al potere indica che la follia apocalittica è passata dalle fantasie oziose di Dugin alla narrazione teologica della Chiesa ortodossa russa. Inoltre, la missione di portare a compimento l’eone è ora affidata non solo a un paese e a un popolo precisi, ma anche – con il dito puntato del patriarca – al suo leader. Lasciatelo governare fino alla fine di questo mondo, e questo sarà anche il compimento perfetto del suo «grande servizio».

L’aspetto più caratteristico del nuovo apocalittismo russo è che, a differenza di tutti i movimenti precedenti di questo tipo, è tecnicamente armato. Per realizzare le sue aspirazioni a una fine universale, possiede armi nucleari, la materia della morte e dell’inferno, che possono effettivamente porre fine a tutta la vita sulla Terra. Questa oggettivazione della catastrofe planetaria conferisce all’apocalittismo la forza e l’«argomento» di cui erano prive le precedenti sette gnostiche, compresi i vecchio-credenti.

Sognavano un fuoco purificatore che avrebbe bruciato il mondo immerso nei suoi peccati, ma erano impotenti a portarlo sulla Terra. Ora c’è questa forza, e c’è un grande paese che i necrosettari vogliono trasformare nell’avanguardia apocalittica dell’umanità per compiere la missione della sua auto-immolazione. C’è un leader che spiana la strada verso questo obiettivo e c’è un sacerdozio che lo benedice.

Un agghiacciante filmato di propaganda russa per reclutare soldati promuove l’idea della guerra santa. Il messaggio finale è: «Noi siamo tatari, baschiri, ceceni, ciuvasci, ingusci, scianti, …noi siamo russi, Dio è con noi».



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lunedì 21 ottobre 2024

21 ottobre: Sant’Ilarione abate

 


Agiografia:

Secondo l'agiografia, compì gli studi ad Alessandria, dove si convertì al cristianesimo e fu battezzato. Desideroso di dedicarsi alla vita ascetica, incontrò sant'Antonio l'Anacoreta e quindi tornò in Palestina dove, dopo aver scoperto della morte dei propri genitori, donò tutti i suoi averi ai poveri. Dopo aver introdotto l'ascetismo nel territorio circostante Gaza, si dedicò alla vita monastica viaggiando per tutto l'Impero Romano.
La tradizione agiografica attesta che l'asceta palestinese, passato per l'Egitto, sarebbe sbarcato a Pachino e poi avrebbe sostato tre anni sull'isola (forse nei pressi dell'attuale Ispica), dove avrebbe cercato rifugio per praticare la vita eremitica. Se ne allontanò poi, a motivo della diffusione della sua fama.
Verso la fine della sua vita, sempre secondo le stesse fonti, i suoi miracoli gli diedero fama di guaritore e viaggiò, dal 365, ininterrottamente per l'Italia, la Croazia e Cipro, inseguito da folle di ammalati.
Morì a Pafo (sull'isola di Cipro) nel 371.


VANGELO

In illo témpore: Loquebátur Iesus princípibus sacerdótum et pharisǽis in parábolis, dicens: Símile factum est regnum cœlórum hómini regi, qui fecit núptias fílio suo. Et misit servos suos vocáre invitátos ad nuptias, et nolébant veníre. Iterum misit álios servos, dicens: Dícite invitátis: Ecce, prándium meum parávi, tauri mei et altília occísa sunt, et ómnia paráta: veníte ad núptias. Illi autem neglexérunt: et abiérunt, álius in villam suam, álius vero ad negotiatiónem suam: réliqui vero tenuérunt servos eius, et contuméliis afféctos occidérunt. Rex autem cum audísset, iratus est: et, missis exercítibus suis, pérdidit homicídas illos et civitátem illórum succéndit. Tunc ait servis suis: Núptiæ quidem parátæ sunt, sed, qui invitáti erant, non fuérunt digni. Ite ergo ad exitus viárum et, quoscúmque invenéritis, vocáte ad núptias. Et egréssi servi eius in vias, congregavérunt omnes, quos invenérunt, malos et bonos: et implétæ sunt núptiæ discumbéntium. Intrávit autem rex, ut vidéret discumbéntes, et vidit ibi hóminem non vestítum veste nuptiáli. Et ait illi: Amíce, quómodo huc intrásti non habens vestem nuptiálem? At ille obmútuit. Tunc dixit rex minístris: Ligátis mánibus et pédibus eius, míttite eum in ténebras exterióres: ibi erit fletus et stridor déntium. Multi enim sunt vocáti, pauci vero elécti.

Vangelo di Matteo 22, 1 - 14

Traduzione:

In quel tempo: Gesú parlava ai príncipi dei sacerdoti e ai Farisei con parabole, dicendo: Il regno dei cieli è simile a un re, il quale celebrò le nozze del suo figlio: egli mandò i suoi servitori a chiamare gli invitati alle nozze; ma questi non volevano andare. Mandò di nuovo altri servitori a dire agli invitati: Il mio pranzo è già pronto: sono stati uccisi i miei tori e gli animali grassi, e tutto è pronto: venite alle nozze. Ma quelli non se ne curarono, e se ne andarono chi alla sua villa, chi al suo negozio. Altri poi, presi i servi di lui, li trattarono a contumelie e li uccisero. Udito ciò, il re si sdegnò: e mandate le sue milizie sterminò quegli omicidi e dette alle fiamme la loro città. Allora disse ai suoi servi: Le nozze sono pronte, ma quelli che erano stati invitati non furono degni. Andate, dunque agli angoli delle strade e quanti incontrerete chiamateli alle nozze. E andati i servi di lui per le strade, radunarono quanti trovarono, buoni e cattivi, sí che la sala del banchetto fu piena di convitati. Entrato il re per vedere i convitati, vide un uomo che non era in abito da nozze. E gli disse: Amico, come sei entrato qua, non avendo la veste nuziale? Ma quegli ammutolí. Allora il re disse ai suoi ministri: Legatelo mani e piedi, e gettatelo nelle tenebre esteriori: ivi sarà pianto e stridore di denti. Poiché molti sono i chiamati, e pochi gli eletti.


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domenica 20 ottobre 2024

Ventiduesima domenica dopo Pentecoste a Venezia


Santa Messa cantata alle ore 11:00 presso la chiesa di San Simon Piccolo a Venezia (fronte stazione ferroviaria).
Celebrante don Joseph Kramer FSSP.

(photo by Alessandro Franzoni)






VANGELO

In illo témpore: Abeúntes pharisǽi consílium iniérunt, ut cáperent Iesum in sermóne. Et mittunt ei discípulos suos cum Herodiánis, dicéntes: Magíster, scimus, quia verax es et viam Dei in veritáte doces, et non est tibi cura de áliquo: non enim réspicis persónam hóminum: dic ergo nobis, quid tibi vidétur, licet censum dare Cǽsari, an non? Cógnita autem Iesus nequítia eórum, ait: Quid me tentátis, hypócritæ? Osténdite mihi numísma census. At illi obtulérunt ei denárium. Et ait illis Iesus: Cuius est imágo hæc et superscríptio? Dicunt ei: Cǽsaris. Tunc ait illis: Réddite ergo, quæ sunt Cǽsaris, Cǽsari; et, quæ sunt Dei, Deo.

Vangelo secondo Matteo 22, 15 - 21)

Traduzione:

In quel tempo: Adunatisi, i Farisei tennero consiglio per sorprendere Gesú nel suo parlare. Gli mandarono i loro discepoli con gli Erodiani a dirgli: Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo la verità, e non hai riguardo per alcuno, poiché non guardi alla persona degli uomini: dicci il tuo parere: è lecito o no pagare il tributo a Cesare? Ma Gesú, conoscendo la loro malizia, rispose: Ipocriti, perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo. Ed essi gli presentarono un denaro. E Gesú disse loro: Di chi è questa immagine e questa iscrizione? Gli risposero: Di Cesare. Ed allora Gesú: Rendete dunque a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio.




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venerdì 18 ottobre 2024

San Luca a Lviv (Ucraina)


Santa Messa letta alle ore 8:30 nel Rito Domenicano Antico nella ricorrenza liturgica di San Luca Apostolo ed Evangelista .
Celebrata da padre I.Gnius OP nei locali dell’antico refettorio del Convento Domenicano, dato che la Kaplytsya Rozena sta subendo lavori di restauro.

(photo by Alessandro Franzoni)




VANGELO

In illo témpore: Designávit Dóminus et álios septuagínta duos: et misit illos binos ante faciem suam in omnem civitátem et locum, quo erat ipse ventúrus. Et dicebat illis: Messis quidem multa, operárii autem pauci. Rogáte ergo Dóminum messis, ut mittat operários in messem suam. Ite: ecce, ego mitto vos sicut agnos inter lupos. Nolite portáre sácculum neque peram neque calceaménta; et néminem per viam salutavéritis. In quamcúmque domum intravéritis, primum dícite: Pax huic dómui: et si ibi fúerit fílius pacis, requiéscet super illum pax vestra: sin autem, ad vos revertétur. In eádem autem domo manéte, edentes et bibéntes quæ apud illos sunt: dignus est enim operárius mercéde sua. Nolíte transíre de domo in domum. Et in quamcúmque civitátem intravéritis, et suscéperint vos, manducáte quæ apponúntur vobis: et curáte infírmos, qui in illa sunt, et dícite illis: Appropinquávit in vos regnum Dei.

Vangelo di Luca 10, 1 - 9

Traduzione:

In quel tempo: Il Signore scelse anche altri settantadue discepoli e li mandò a due a due innanzi a sé in, ogni città e luogo dove egli era per andare. E diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai per la sua mietitura. Andate! Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo a lupi. Non portate né borsa, né sacca, né sandali; e per la strada non salutate nessuno. In qualunque casa entrerete, dite prima di tutto: “Pace a questa casa”. E se ci sarà un figlio di pace riposerà su di lui la pace vostra, altrimenti ritornerà a voi. E nella stessa casa restate, mangiando e bevendo di quel che vi dànno; perché l'operaio è degno della sua mercede. Non girate di casa in casa. E in qualunque città entrerete, se vi accolgono, mangiate di quel che vi sarà messo davanti e guarite gli infermi che ci sono, e dite loro: “Sta per venire a voi il Regno di Dio"».


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