giovedì 24 ottobre 2024

Un nuovo apocalittismo, di Mikhail Epstein


Dove sta andando la Chiesa ortodossa russa? L’analisi profonda e scioccante di un noto pensatore russo apre degli spiragli. Non è indifferente per noi cercare di decifrare il groviglio di ideologie e pulsioni che oggi pretende di parlare a nome dell’ortodossia russa.

Dopo la cerimonia di investitura di Vladimir Putin il patriarca Kirill, nel porgergli gli auguri nella cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino, ha pronunciato una frase misteriosa: «Oserei addirittura dire: ci conceda Dio che la fine del secolo coincida anche con la fine della sua permanenza al potere. Lei ha tutto ciò che le serve per svolgere per molto tempo ancora e con successo questo grande compito al servizio della patria».

Della fine di quale secolo ci parla qui il patriarca? E perché lui stesso ammette che il suo augurio ha un che di audace?

Negli ultimi anni la Russia ha visto emergere una nuova ideologia pseudoreligiosa, gravida dei più grandi pericoli spirituali e dei più gravi sconvolgimenti politici, sia per il paese che per l’umanità. Ha adottato sia l’ortodossia di Stato che il culto pagano della terra, sia l’odio eurasiatico per l’Occidente che i tratti dell’ideologia nazista e i culti arcaici della guerra e del regno dei morti.

È una sorta di apocalittismo sui generis che assume gli aspetti più tenebrosi dello gnosticismo e maledice tutto ciò che esiste in quanto «immerso nel male». Di qui l’aspirazione a consegnare il mondo intero a un fuoco purificatore che porti, per mano dell’uomo, a una fine del mondo la cui forza distruttrice sarebbe affidata alla potenza delle armi nucleari.

Nella sua Idea russa (1946), Berdjaev scriveva: «Noi, russi, siamo apocalittici o nichilisti. Siamo apocalittici o nichilisti perché siamo tesi verso il fine ultimo e fatichiamo a comprendere la gradualità del processo storico, siamo ostili alla forma pura. (…) Nell’ortodossia si espresse più di ogni altra cosa l’aspetto escatologico del cristianesimo. Anche nel nichilismo russo si possono distinguere elementi ascetici ed escatologici. Il nostro è il popolo del fine ultimo, non dello stadio intermedio del processo storico».

L’odio per la materia

In effetti, come atteggiamento spirituale, nichilismo e apocalittismo sono le due facce della stessa e identica medaglia: la negazione di qualsiasi valore di questo mondo e l’attesa, o anche il desiderio febbrile della sua fine più rapida possibile.

In questo nuovo apocalittismo ci sono diversi elementi: religiosi, nazionalisti e politici. Innanzitutto, ci sono le dottrine gnostiche nate dalle idee occultiste e settarie dei primi secoli del cristianesimo e del Medioevo. In Russia, esse sono al centro delle idee dei Vecchi Credenti, secondo cui il mondo è già preda dell’Anticristo e deve quindi essere distrutto per accelerare il ritorno di Cristo.

Nell’era post-sovietica, stringendo una nuova alleanza con lo Stato, la Chiesa ortodossa russa ha iniziato ad agire come un suo strumento, come un’istituzione «patriottica», alla stregua dell’esercito o della Guardia Nazionale. Per un certo periodo, questo non ha impedito all’ortodossia russa di continuare a essere parte della Chiesa universale. Ma nel 2018, dopo che il patriarcato ecumenico di Costantinopoli ha riconosciuto l’autocefalia della Chiesa ucraina, la Chiesa ortodossa russa ha virato bruscamente verso lo scisma, ha deciso di separarsi dall’ortodossia universale ed è diventata, nello spirito e secondo la lettera della legge, una Chiesa «vecchio-credente».

La Chiesa ortodossa russa si è allontanata dalle riforme di Nikon del XVII secolo, che avevano avvicinato l’ortodossia russa a quella greca, e quindi ha smesso di essere «greco-cattolica» o «greco-russa» come spesso veniva ufficialmente chiamata. Il 16 ottobre 2018, il Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha deciso di recidere ogni legame di comunione eucaristica con il patriarcato di Costantinopoli.

Ormai ad essere in preda del male e ad essersi alleato con l’Anticristo non è più soltanto l’Occidente cattolico-protestante, ma anche il mondo ortodosso contemporaneo e, innanzitutto, il «fraterno mondo ucraino». La Chiesa russa, che nell’XI secolo, insieme a tutta la Chiesa bizantina, si era allontanata dal cristianesimo occidentale, mille anni dopo, nel XXI secolo, sotto i nostri occhi, si è allontanata anche dai fratelli ortodossi dell’Occidente e si è messa sulla strada di un ulteriore scisma, cioè sulla strada di una sorta di suicidio della fede.

Poi, d’altra parte, sono seguiti dei passi altrettanto pesanti. Già nel 1872, un Concilio ortodosso tenutosi a Costantinopoli aveva condannato l’eresia «etnofiletista» come una forma di razzismo o tribalismo ecclesiastico, in quanto subordinava gli interessi della Chiesa nel suo complesso agli interessi politici nazionali di un determinato gruppo etnico. Ed anche allora era chiaro che l’ortodossia russa era preda dell’idea di una subordinazione della religione agli interessi dello Stato. Centocinquant’anni dopo, nel 2022, mentre infuriava la guerra della Russia con l’Ucraina, il patriarca ecumenico Bartolomeo, nel suo discorso programmatico alla conferenza internazionale. Per un mondo ragionevolmente aperto, ha sottolineato il pericolo rappresentato per tutto il mondo da questa eresia e dalla politica scismatica della Chiesa ortodossa russa.

Dopo la caduta del comunismo, ha detto, «la fede è stata di nuovo utilizzata a scopi ideologici. La Chiesa ortodossa russa si è schierata con il regime del presidente Vladimir Putin, in particolare dopo l’elezione di Sua Beatitudine il patriarca Kirill nel 2009. Essa svolge un ruolo attivo nella promozione dell’ideologia del Russkij Mir. (…) Questa ideologia è lo strumento di legittimazione dell’espansionismo russo e il fondamento della sua strategia euroasiatica. Il legame tra il passato dell’etnofiletismo e il presente del “mondo russo” è evidente. La fede diventa in tal modo il fondamento stesso dell’ideologia del regime di Putin».

Il patriarca ecumenico ha così descritto l’indole scismatica dell’attuale Chiesa ortodossa russa, trasformatasi in una setta nazionalista nel quadro di uno Stato caratterizzato da una politica di grande potenza. Ora, allo statalismo dell’ortodossia russa si è aggiunto pure un militarismo non solo di natura politica, ma anche apocalittica, in quanto la Chiesa invita i suoi fedeli non solo a morire per la patria ma, in caso di sconfitta militare, a prepararsi ad annientare l’intera umanità.

Una nuova religione della morte

In questo senso stiamo assistendo all’emergere di una nuova religione di Stato, una religione della guerra e della «fine dei tempi», che combina ingredienti altrimenti difficilmente conciliabili: fascismo, ortodossia, religione dei vecchio-credenti, eurasismo, nazionalismo russo, settarismo apocalittico, culto dello Stato, imperialismo e millenarismo.

Questo apocalittismo militarista non ha praticamente alcun legame con il trascendente. Se è una religione, non sa nulla e non vuole sapere nulla di un Dio creatore, né del mondo come opera amata dal Dio che l’ha creata; se è un cristianesimo, non parla né di Cristo, né di amore, né di misericordia, né di perdono, o del mistero della persona umana, della vita e della resurrezione. Si tratta di un apocalittismo, essenzialmente anticristiano, centrato sull’idea della morte, intriso di odio per la persona, per la dignità e la libertà umana, pieno di disprezzo per la scienza e per la tecnica, il cui unico ideale consiste nella distruzione, nel massimo esaurimento di tutto ciò che costituisce il substrato materiale della vita e nell’eliminazione della vita in quanto tale.

Questo apocalittismo è vicino alle concezioni ctonie del potere della terra sull’uomo, della massa continentale della terra che divora gli individui e li trasforma in propaggini deboli, senz’anima e apatiche del corpo nazionale. Di qui viene anche la prossimità di questo apocalittismo al fascismo.

Com’è noto, Umberto Eco aveva individuato 14 archetipi caratteristici del fascismo, ma si possono ridurre a un’unica formula che li riunisce tutti. Il fascismo è un tentativo collettivo di guarire dal trauma della nascita attraverso l’esperienza di una morte simbolica (ma, in ultima analisi, anche fisica); in altre parole, è un tentativo di sottrarsi alla coscienza, al linguaggio, all’individualità e a tutte le ansie di un’esistenza distinta e problematica. È una pulsione a liberarsi dalla propria personalità e a morire estaticamente nel seno collettivo della terra, del popolo, della massa.

Nel contesto russo, la mentalità escatologica (dal greco eschatos: fine) si manifesta molto più fortemente che non nel nazismo tedesco o nel fascismo italiano. E questo non solo perché la dimensione escatologica del cristianesimo è sempre stata più pronunciata nell’ortodossia, ma anche perché, dopo l’invenzione della bomba atomica, l’idea di Giudizio Universale ha smesso di essere un concetto religioso e ha assunto una dimensione pratica.

La formulazione più chiara a questo proposito ci è stata offerta da Aleksandr Dugin in quanto, da vecchio-credente, le rappresentazioni della fine dei tempi tipiche dei vecchio-credenti gli stanno particolarmente a cuore: «Quella che viene proclamata qui è la mobilitazione escatologica degli eurasiatici! Tutte le cose si avvicinano alla loro fine e alla loro conclusione. FINIS MUNDI. La fine del mondo».

Secondo la logica di Dugin, per la Russia è ormai giunto il momento di compiere la sua missione su scala globale, in quanto, tra tutte le civiltà conosciute, si distingue per il suo consapevole orientamento verso la fine della storia e di tutte le cose. E continua:

«Quello che dobbiamo fare non è chiederci se la fine del mondo arriverà o meno, ma pensare a come realizzarla. Questo è il nostro dovere. Non arriverà da sola… Sta a noi decidere. E, soprattutto, sta a noi trovare un modo per porre fine a questa storia…».

I metafisici folli, posseduti da manie di grandezza e sete di suicidio, pensano e dicono molte cose. La questione si fa molto più preoccupante quando un simile insieme di idee si impadronisce di un capo di Stato, che sta conducendo il suo paese e il mondo intero verso il disastro nucleare.

Già nel 2018, quando presentò le ultime versioni delle armi nucleari all’Assemblea federale, Putin espresse la propria visione del futuro con una frase che all’epoca venne considerata ancora semplicemente delirante: «Come martiri, noi andremo in paradiso, mentre loro moriranno e basta perché non avranno avuto il tempo di pentirsi». Che cos’è: uno scherzo sinistro, un avvertimento spietato, un gesto di sacrificio o di vendetta?

Putin stabilì allora per la prima volta un legame tra la politica e i dispositivi militari russi, da un lato, e l’escatologia, la fine del mondo e il passaggio nell’aldilà, dall’altro. Veniva indicato il terreno di una nuova ideologia religiosa i cui eroi saranno i cercatori della fine del mondo, i martiri e gli edonisti della futura apocalisse che, separandosi dall’intero universo, faranno della morte dell’umanità la loro professione.

E ora il patriarca, benedicendo Putin per un altro mandato, collega direttamente il significato della sua prossima attività con la «fine del secolo». Di quale secolo sta parlando? Certamente non del nostro secolo, non dell’arrivo del XXII secolo, quando il presidente avrà 148 anni. «Secolo» nel linguaggio ecclesiastico è una traduzione del greco «eone». Nel Nuovo Testamento, «eone» indica l’intero mondo esistente, contrapposto al «secolo venturo» che verrà dopo la fine del mondo.

«La benedizione di Dio, la protezione della Regina del Cielo, possano rimanere con voi nella vostra vita, fino alla fine del secolo, come diciamo noi». Si parla quindi della fine del mondo così come lo conosciamo noi. È evidente che il patriarca affronta volutamente questo tema, dal momento che rileva l’audacia del suo giudizio sul mistero supremo. Il desiderio che la fine dell’eone coincida con la fine della permanenza di Putin al potere indica che la follia apocalittica è passata dalle fantasie oziose di Dugin alla narrazione teologica della Chiesa ortodossa russa. Inoltre, la missione di portare a compimento l’eone è ora affidata non solo a un paese e a un popolo precisi, ma anche – con il dito puntato del patriarca – al suo leader. Lasciatelo governare fino alla fine di questo mondo, e questo sarà anche il compimento perfetto del suo «grande servizio».

L’aspetto più caratteristico del nuovo apocalittismo russo è che, a differenza di tutti i movimenti precedenti di questo tipo, è tecnicamente armato. Per realizzare le sue aspirazioni a una fine universale, possiede armi nucleari, la materia della morte e dell’inferno, che possono effettivamente porre fine a tutta la vita sulla Terra. Questa oggettivazione della catastrofe planetaria conferisce all’apocalittismo la forza e l’«argomento» di cui erano prive le precedenti sette gnostiche, compresi i vecchio-credenti.

Sognavano un fuoco purificatore che avrebbe bruciato il mondo immerso nei suoi peccati, ma erano impotenti a portarlo sulla Terra. Ora c’è questa forza, e c’è un grande paese che i necrosettari vogliono trasformare nell’avanguardia apocalittica dell’umanità per compiere la missione della sua auto-immolazione. C’è un leader che spiana la strada verso questo obiettivo e c’è un sacerdozio che lo benedice.

Un agghiacciante filmato di propaganda russa per reclutare soldati promuove l’idea della guerra santa. Il messaggio finale è: «Noi siamo tatari, baschiri, ceceni, ciuvasci, ingusci, scianti, …noi siamo russi, Dio è con noi».



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